Intervista a Roberto Vecchioni

a cura di Tito G. Borsa

Queste le domande poste al prof. Roberto Vecchioni, ospite a Padova nella rassegna del Festival Biblico, iniziativa che coinvolge le diocesi di Padova, Verona e Adria-Rovigo.

Lei è stato già a Padova nel 2012 e nel 2013, alla Fiera delle Parole, che idea si è fatto del rapporto fra i padovani e la cultura? Credo che a Padova ci siano persone, come la mia amica Bruna Coscia, che darebbero un anno di vita per una sera in più di cultura da proporre alla gente. E questo è straordinariamente bello, direi unico. Fare cultura oggi è sempre più difficile, perché mancano sostegni istituzionali, risorse economiche, persino spazi adatti. Credo manchi soprattutto la volontà collettiva, l’attenzione che nei nostri giorni è catturata da mille altre boiate e spesso non sappiamo neppure il perché: è più forte di noi, ce ne rendiamo conto solo dopo e un po’ ci vergogniamo. Padova si è ribellata a questi cliché, ha portato in piazza i libri e i suoi autori, li ha fatti incontrato fra di loro e con la gente, ha tirato un gran bel sasso nello stagno del niente che domina altrove.

Rimanendo sull’attualità, quale leader preferisce fra Renzi, Berlusconi e Grillo? Non è un fuggire diplomatico, non è una resa, non è paura di dire da che parte sto. Chi mi conosce sa da che parte batte e batterà sempre il mio cuore, però oggi è sentimento, non è schieramento, non è ‘voto per questo o per quello’. Il mio non appartenere sociale, come dico nella canzone dell’ultimo album, è anche questo, è prendere le distanze da una politica che è solo far rumore, anche dalla mia parte purtroppo e questo provoca disagio.

Lei, pur non essendo nato a Milano, è sempre stato parte integrante della città. Cosa ne pensa dei recenti scandali dell’EXPO? Penso che, Milano o altrove, è sempre l’Italia che fa male a se stessa. Siamo un Paese meraviglioso, con una storia e una cultura che nessuno ha, con bellezze artistiche e umane straordinarie, un Paese che potrebbe essere ideale, per noi e per tutti, invece continuiamo a violentarlo, a calpestarlo, a renderlo ridicolo.

Per parlare invece di lei, come ha vissuto le voci che la davano fra i candidati al Nobel e poi il Dante d’Oro che lo scorso novembre le è stato dato dalla Bocconi? All’inizio pensavo che la candidatura al Nobel fosse uno scherzo, poi ho capito che era vera e che tutto ciò che mi è stato riversato addosso per questa cosa, che non è certo nata da me, ovviamente, ne era la certificazione. Figuratevi se l’Italia poteva essere contenta di una sua eccellenza, vera o presunta tale… Comunque, neppure per un attimo, ho pensato di poter avere qualcosa in più: la candidatura era già tantissimo e l’ho vissuta come un riconoscimento per la musica d’autore italiana. Sarei stato felicissimo allo stesso modo se fosse toccata a De André, Guccini, Dalla, Gaber o Jannacci. Per quanto riguarda il premio che mi è stato conferito dalla Bocconi è stato motivo di grande soddisfazione, anche perché io non vengo da quel mondo, anche il mio percorso prima scolastico e poi da insegnante è stato profondamente diverso. Quindi una soddisfazione doppia. Come ho detto prima di ritirare il premio, a 70 anni ero entrato in Bocconi solo una volta prima del giorno della consegna del Dante d’Oro: tanti anni fa, a fare la pipì, mentre facevo un giro da quelle parti della città…

Che progetti ha per il futuro? Abbiamo in programma ancora alcune date nei teatri italiani per il tour ‘Io non appartengo più’. In giugno suoniamo il 4 a Como e il 5 a Varese. Altre date, sempre teatrali, saranno in autunno, mentre quest’estate faremo probabilmente alcune piazze, anche piccole, per portare lo spettacolo tra la gente. Quindi a ottobre uscirà il mio nuovo romanzo e sarò, come ogni anno accademico, all’Università di Pavia per il corso di ‘Poesia in Musica’: abbiamo appena concluso lo studio della figura femminile nella canzone italiana e nel primo semestre della prossima stagione scolastica studieremo le donne in Fabrizio De André.