Emergenza cinghiali? Colpa dei cacciatori

Sono oltre un milione, contro i 600mila di dieci anni fa, e sono ovunque, anche in aree urbane, in qualche caso hanno raggiunto il centro di grandi città. E sono sempre più pericolosi: a loro sono dovuti incidenti stradali, aggressioni, distruzioni di interi raccolti.
Stiamo parlando dei cinghiali, animali che da sempre abitano il nostro paese, ma che negli ultimi anni sono aumentati al punto da far parlare di una vera e propria «emergenza». La soluzione che viene proposta in questi casi è sempre la stessa, quasi ovvia: concedere maggiori libertà ai cacciatori, paladini della sicurezza pubblica, perché li abbattano.

È curioso notare come il ruolo del cacciatore, in questa storia dei cinghiali, sia appunto quello di un eroe che protegge da questi animali brutti e cattivi, quando, a dire la verità, se questi individui fossero veramente amici della natura come dicono, o se non avessero questa mania di correr dietro agli animali selvatici per il solo gusto di ucciderli, i cinghiali sarebbero in numero molto contenuto e soprattutto se ne starebbero ben lontani dalle zone popolate da esseri umani.
Infatti, il gran numero di questi animali non va attribuito a fattori naturali o comunque indipendenti dall’uomo: al contrario, da una quarantina d’anni vengono continuamente importati e messi in libertà nuovi cinghiali, provenienti principalmente dall’Est Europa, proprio per far contenti i cacciatori. Come se non bastasse, sono molto più grossi e più prolifici dei loro simili autoctoni (ancora una volta per la gioia dei cacciatori). E ora, come prevedibile, la situazione è sfuggita di mano e gli animali sono ormai talmente tanti che sono costretti a spostarsi, arrivando fino alle zone occupate dall’uomo, e costituiscono un serio pericolo.
Intensificare la caccia al cinghiale non è una soluzione, non solo perché non fa altro che premiare chi sta alla radice del problema, ma anche e soprattutto perché crea un vero e proprio circolo vizioso. È stato dimostrato, infatti, con l’esperienza ma anche con studi scientifici, che quanto più è alta la pressione venatoria, tanto più aumenta la fertilità degli animali. La caccia colpisce la popolazione in modo diverso dalla morte naturale, destabilizzandola e innescando risposte compensative, tra cui appunto un maggior tasso riproduttivo.
È ragionevole, a questo punto, intervenire alla radice del problema, piuttosto che peggiorarlo con soluzioni a breve termine. Vietare l’allevamento, la vendita e l’immissione dei cinghiali, per esempio, e inasprire controlli e sanzioni. Ma chissà se la ragione riuscirà ad avere la meglio sull’interesse.