Disturbi alimentari: un discorso serio e attuale

I Dca (Disturbi del Comportamento Alimentare) sono delle patologie legate alle abitudini alimentari, rese squilibrate in maniera patologica da problemi psichiatrici. Tra i più diffusi, specialmente tra i giovani e giovanissimi e in particolare nella popolazione femminile, troviamo l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa.
Studi epistemologici a livello nazionale hanno raccolto dati dal 1997 al 2001 ed evidenziano come il 95.9% dei soggetti affetti da un Dca bulimico o anoressico sono di sesso femminile, e che il periodo «critico» in cui si riscontra maggiormente l’insorgere dei disturbi è verso i 17 anni.

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Disegno di Emanuela Baggio©

Inoltre i dati statistici evidenziano come il fenomeno della bulimia nervosa sia più presente rispetto alla più conosciuta anoressia nervosa (3% contro l’1% su scala nazionale). La bulimia nervosa è spesso riconosciuta come una sorta di «stadio precedente» che può sfociare nell’anoressia nervosa (rifiuto del cibo o controllo ossessivo del peso e delle calorie contenute nei pasti): il bulimico infatti ingerisce quantità spropositate di cibo per poi liberarsene con il vomito autoindotto o con altri metodi epurativi come l’assunzione di lassativi, l’esercizio fisico sistematico ed eccessivo o il digiuno.
Ho deciso di affiancare i dati statistici all’esperienza di una ragazza, la chiameremo Chiara, che mi ha concesso un’intervista per raccontare una parte difficile della sua vita, la sofferenza di un periodo in cui la bulimia nervosa l’aveva imprigionata tra le sue sbarre invisibili.

Quando sono iniziati i primi episodi di bulimia nervosa?
Non ho l’esatto ricordo di quando è iniziato e mi sono ammalata, però approssimativamente credo che gli episodi bulimici siano diventati davvero gravi quando avevo circa 16 anni, vomitavo dopo ogni pasto. La diagnosi vera e propria è arrivata più tardi, quando avevo 17 anni, quando ho deciso di essere seguita da uno psicologo specializzato nei disturbi del comportamento alimentare.

A livello fisico, cosa stava succedendo al tuo corpo?
Sono arrivata a pesare 46 kg quando il mio peso forma sarebbe stato di 60 kg. Mi guardavo allo specchio e ancora continuavo a vedere troppo grasso, nella mia testa il peso forma ideale colava a picco e non riuscivo mai ad arrivare a quella meta. La perdita di seno mi faceva stare male, il ciclo mestruale si era accorciato drasticamente, avevo i denti erosi e gialli, mal di stomaco e reflusso gastrico, avevo perennemente i capillari degli occhi esplosi a causa del vomito forzato, mi divoravo le unghie dall’ansia e le tenevo corte anche per indurmi il vomito senza graffiarmi la gola. Stavo male perché stavo letteralmente cadendo a pezzi, compensavo con quantità spropositate di cibo che poi rimettevo, perché mi sentivo sporca, gonfia. Era un circolo vizioso.

I rapporti con le persone sono cambiati?
Non volevo parlare con nessuno, non volevo che nessuno pensasse che ero malata. Lo psicologo era l’unica persona con cui mi confidavo. Faticavo a uscire e mi nascondevo dagli occhi altrui, uscire a mangiare con gli amici era un peso, perché mi abbuffavo senza remore e poi, alla prima occasione, correvo in bagno. Ricordo anche che non riuscivo ad avere relazioni amorose, mi vergognavo molto di me stessa e del mio corpo. Poi un’amica ha notato alcuni miei comportamenti strani e ha cercato di capire, dopo molto tempo ho ceduto e le ho confidato questo mio disagio. Ammetto di averla quasi odiata, perché faceva di tutto per limitare i miei comportamenti auto-distruttivi, senza però mai farlo apertamente: mi invitava a pranzo o a cena con lei, controllava che non mangiassi né troppo né digiunassi o che compensassi con il vomito. Ora non posso che esserle infinitamente grata.

Cosa ti ha spinto in questo «circolo vizioso», come l’hai chiamato tu, almeno a livello conscio?
Fin da ragazzina mi è sempre stato fatto pesare il fatto di non essere davvero magra, o perlomeno nei canoni standard che ci si aspetterebbero da una ragazza. Ora mi rendo conto che, semplicemente, mi piaceva mangiare e oscillavo sempre intorno al mio peso forma. Non mi ha mai turbato molto, fino al momento in cui, entrando nel periodo adolescenziale, ho iniziato a sentire pesante questa mia buona abitudine di mangiare un po’ di tutto, mi sembrava di perdere il controllo e iniziavo a vedermi davvero brutta. Ho iniziato ad abbuffarmi sempre di più, per compensare i momenti di stress emotivo, e immediatamente dopo mi sentivo in colpa per tutto quel cibo. Mi buttavo a capofitto nell’attività fisica, ma non bastava mai a rassicurarmi abbastanza: avevo bruciato tutto quel grasso orrendo? Il vomito sembrava la situazione più veloce, immediata ed efficace. Mi ingozzavo, perdevo il controllo nei momenti di smarrimento, e poi con due dita in gola riacquistavo le redini della situazione. O almeno così sembrava a me: in realtà il controllo l’avevo definitivamente perso proprio quando credevo di controllarlo.

Sei completamente guarita?
Mi piacerebbe dire di sì, che sono guarita completamente, ma non è vero. Ho avuto ricadute, non è semplice vivere con una certa modalità nel vedere il cibo, i pasti, e poi tornare alla normalità. Forse ne avrò ancora, non posso esserne certa. So solo che ora ho gli strumenti per rialzarmi e capire cosa conta davvero nella vita, che il controllo di me stessa è sempre ferreo nella misura in cui non mi lascio andare alla deriva. I meriti, come ha ben detto lo psicologo presso in cui ero in cura (e con cui sono ancora in contatto, a cui devo davvero tanto) sono miei. Io ho deciso di prendere in mano la mia vita, mi sono stati forniti sì degli aiuti, ma ho camminato con le mie gambe. Lo psicologo, amici fidati, mia madre, tante mani che mi hanno guidato. Sto riprendendo peso e pian piano un po’ di stima per me stessa come donna, fiducia nella femminilità intrinseca nel mio corpo. Ho fatto un corso di ballo e attività fisica. Mi piaccio decisamente un po’ di più ora. E vorrei dire a tutti coloro che sono nella mia situazione: sì, si può guarire. Non sono una miracolata né un caso raro. Farsi aiutare non è segno di debolezza, ma di grandissima forza. Chi si nasconde è conscio di essere ancora troppo debole ed impaurito per uscire allo scoperto: la forza e il coraggio che richiede un grido d’aiuto possono salvarvi la vita.