Sullo smembramento femminile negli umani e negli animali

La maggior parte di noi è stata sottoposta, fin dalla nascita, a un condizionamento mediatico incessante e inevitabile e gli effetti più significanti sono, come spesso accade, quelli meno in vista i cosiddetti hidden in plain sight  segreti mai nascosti e pertanto più difficili da individuare e analizzare. Molto si potrebbe scrivere sugli effetti che tale costante esposizione a notizie esterne (mediate e mediatiche) ha su noi ascoltatori, ma per il momento vorrei concentrarmi sullo smembramento femminile.
Per smembramento femminile intendo quella pratica di de-personificazione degli appartenenti al genere femminile. Tale smembramento subliminale causa e giustifica violenza emotiva, spirituale e fisica.
Nelle pubblicità si nota spesso come i corpi femminili non vengono ritratti interi, bensì tagliati a porzioni, quantificati. L’enfasi viene impartita su parti singole e distaccate: la coscia, la bocca, il seno. In questo modo viene indotta e giustificata sulla donna una oggettificazione disumanizzante. Quest’ultima non esiste quasi mai come essere completo nel mondo pubblicitario/mediatico, ma solo come parte corporea priva di personalità, sogni, emozioni. Uno strumento da sfruttare e abusare. Siamo pertanto proni ad accettare molestie, stupri e svalutazioni delle donne nel privato e nel sociale ed é proprio questo smembramento ad aver permesso, a livello subconscio, l’idea che le donne siano non persone intere e senzienti, ma semplici pezzi da utilizzare e consumare a proprio piacere. Il sessismo non é innato nell’essere umano, ma indotto artificialmente da circostanze storiche e culturali che giustificano la denigrazione femminile.
Così il grandissimo dono del saper portare nuova vita a questo mondo viene ritorto contro ogni individuo del gentil genere. Un dono tramutato in condanna, la forza creatrice rovesciata a inferiorità spirituale. 
Ci appare evidente nel linguaggio moderno, dove il verbo sfruttare trova sinonimi in abusare, ottenere rendimento, pelare, spolpare, scorticare, sgozzare, mungere.
Questo processo di smembramento si collega in modo inscindibile e innegabile allo sfruttamento d’altri animali. É infatti la parte femminile a soffrire maggiormente nei grandi allevamenti, in quanto soggetto di stupri a catena (per la generazione di nuovi animali) e viene privata istantaneamente dei propri piccoli. Una prigione dove applichiamo eugenetica, stupri e torture, tutto nel nome del produrre. Se ai tori viene legata la libertà di movimento, alle mucche togliamo persino il consenso riproduttivo, la gioia della maternità tramite il sequestro di vitellini e latte. Negli allevamenti di volatili incarceriamo milioni di galline la cui sola utilità, la cui sola opzione, é produrre uova ininterrottamente fino al momento del macello.
Così, nel momento in cui una femmina non può più generare profitto, ci viene insegnato a svalutarla, scorticarla e macellarla.

Ridondante tirare un parallelo fra simboli quali mammelle bovine e seni umani, cosce di pollo e glutei femminili, zoccoli e tacchi (si pensi anche al rumore prodotto dagli stessi). Una perversione normalizzata nella nostra società, i cui conniventi sono repressione sessuale e disinformazione.
Parto, personalmente, dal presupposto che nessuna forma di vita esista unicamente per il vantaggio altrui.
Così come rifiutiamo che le donne siano ridotte a strumenti volti a produzione e piacere, dobbiamo rifiutare uno sfruttamento animale che agisce tramite sfruttamento per solo profitto che non vuol tener conto della individualità e unicità di ogni individuo.