Sinistra non ha mai voluto legge contro conflitto d’interessi: il caso Boschi è la prova

L’amarcord del centro-sinistra è qualcosa di unico e inimitabile, un insieme di reminiscenze del passato che disturbano il presente. La finta guerra al conflitto di interesse di matrice berlusconiana si ritorce evidentemente contro l’attuale classe dirigente del PD. Finalmente oggi, come se già non ce ne fossimo accorti prima, possiamo comprendere una volta per tutte che il centro-sinistra la legge sul conflitto di interesse non l’ha mai veramente voluta e la lotta a Mediaset non è stato altro che uno zuccherino per far felice il proprio elettorato. Al centro-sinistra Berlusconi ha sempre fatto comodo, un ottimo capro espiatorio sul quale dirottare tutte le attenzioni.
Il caso banca Etruria che coinvolge Boschi e il Bomba di Rignano è un conflitto di interessi ormai conclamato e talmente evidente che anche Padoan prende le distanze. A difendere l’ex ministro rimangono in pochi (gli Orfini di turno) e le cartucce a disposizione sono finite a tal punto che la difesa stessa della Boschi pare ridicola e imbarazzante, con goffi tentativi di giocare sull’interpretazione e il significato delle parole di Ghizzoni.
L’ex ministro delle riforme costituzionali non solo ha palesato il conflitto di interessi, come confermato appunto da Ghizzoni e prima da Vegas, Consoli e Visco, ma ha anche mentito al Parlamento quando dichiarò di non avere mai parlato di Banca Etruria. Chiedere le sue dimissioni e la sua non ricandidatura è il minimo sindacale, ma anche qua il Pd riesce a stupirci: voci dal Nazareno parlano già di una ricandidatura della Boschi, ovviamente non ad Arezzo, dove non prenderebbe neanche il voto dei familiari, ma addirittura a Trento: questo a testimonianza di quanto Miss Gengiva sia amata dagli aretini.
A fronte di tutto questo, il Pd si chiude a riccio a difendere l’indifendibile e palesando anche qui, come se ce ne fosse ancora bisogno, tutti i limiti di una classe dirigente incapace, senza un’idea e senza morale.