Silenzio stampa sulla trattativa Stato-mafia

«Negli anni settanta portava fiumi di miliardi da Palermo a Milano. Erano soldi del traffico di droga di Cosa Nostra che Mangano consegnava a Berlusconi che li investiva nelle sue società, mi pare anche per Milano 2. La mafia ha bisogno di investire. Siccome i soldi della droga erano talmente tanti che non si sapeva più quanti fossero, Mangano esportava fiumi di denaro su a Milano». Questo è ciò che disse il pentito Gaetano Grado il giorno 11 Giugno 2015 durante un’udienza all’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, interrogato dai pm del Processo Trattativa Stato-Mafia.
Una trattativa nata nel 1993 quando «Marcello dell’Utri si è reso disponibile a veicolare il messaggio intimidatorio per conto di Cosa Nostra, cioè fermare le bombe in cambio di norme per l’attenuazione del regime carcerario. Ciò è avvenuto quando un nuovo governo si era appena formato, nel Marzo dl 1994, con la nomina di Silvio Berlusconi alla Carica del Presidente del Consiglio». Parole, queste, del Dottor Del Bene, che rappresenta la pubblica accusa insieme al pm Di Matteo, al pm Tartaglia e al pm Teresi.
La figura di Berlusconi non appare raramente nei dialoghi tra l’accusa e i pentiti. Bagarella, anch’egli imputato, per il quale è stata chiesta una condanna a quindici anni di reclusione, disse: «Cosa Nostra, sapendo della discesa in campo di Silvio Berlusconi, decise di dirottare il suo sostegno a Forza Italia».
È invece nel 1992 che Totò Riina, nella stessa riunione in cui si prese la responsabilità di eliminare Borsellino, volle che il rapporto con Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri andasse coltivato. Questo racconto, agghiacciante, proviene dal capo mafia Cancemi ed ha trovato riscontro anche in ciò che ha detto Graviano intercettato in carcere: «Nel 1992 già voleva scendere (Berlusconi)…voleva tutto, però in quel momento c’erano i vecchi. Pezzo di castro che non sei altro (rivolgendosi a un ipotetico Berlusconi), ma vagli a dire com’è che sei al Governo, che hai fatto cose vergognose, ingiuste». A causa di queste parole, la Direzione Nazionale Antimafia ha trasmesso i verbali alle procure di Caltanissetta e Firenze, che si occupano delle indagini sulla stagione delle bombe. Archiviate per due volte le indagini che vedevano Berlusconi come mandante delle stragi, in seguito alle parole di Graviano è ancora al centro delle attenzioni della Magistratura.
Tuttavia, Berlusconi non è noto solo dal 1992 a Cosa Nostra. Lo stesso Riina durante l’ora d’aria in carcere, parlando con il suo compagno Lo Russo, affermò «A noi altri ci dava 250 milioni (lire) ogni sei mesi». Già, ma Totò Riina non fu l’unico a beneficiare dei soldi di Berlusconi. Dal 1972 al 1982 Berlusconi chiedeva protezione a un’altra Cosa Nostra, quella di Mimmo Teresi e Stefano Bontate, una protezione che cercò lui stesso. Teresi e Bontate morirono in seguito a una guerra di mafia contro i Corleonesi guidati da Riina, che ricevette dal 1982 fino al 1992 i soldi da Berlusconi.
Sono terminate due settimane fa le udienze nell’Aula Bunker del carcere Ucciardone di Palermo. Non si sa il motivo, o probabilmente sì, ma i telegiornali non ne parlano, non ne danno notizia.
Dopo dieci anni di indagini, duecentodue udienze di dibattimento e otto di requisitoria, l’unica cosa di cui un italiano è venuto a conoscenza è il silenzio stampa. Si è appositamente voluto impedire al popolo di conoscere il perché le stragi cominciarono e il perché le stesse cessarono.
L’art. 21 della Costituzione, come inteso dal potere costituente, non intende solo il diritto di informare, ma anche il diritto a essere informati.