Nessun partito ha detto no alla mafia in campagna elettorale

Durante la campagna elettorale e anche in seguito alle elezioni politiche, i partiti non hanno manifestato, a livello televisivo e mediatico in generale, la volontà di combattere in maniera ferma e decisa un cancro che affligge l’intera nazione, dall’estremo nord all’estremo sud, un cancro chiamato Mafia.
Forse per ragioni di conflitto d’interesse Berlusconi non ne ha parlato, di conseguenza ciò ricade a cascata su tutto il centrodestra, compreso Fitto. Per quanto riguarda il centrosinistra basta ricordare l’inchiesta di FanPage, dove un ex camorrista riesce a incontrare l’assessore del comune di Salerno, nonché figlio del Presidente della Regione Campania (PD), Roberto De Luca (PD), il quale lo invita a mettersi in contatto con un tecnico specializzato della Regione per un affare che riguarda rifiuti illeciti. Infine, mancano i 5Stelle, i quali, ritenendosi incensurati, probabilmente non ritengono di far sapere ai cittadini la fermezza con cui vorrebbero contrastare la mafia. Difatti, sapendo che per la maggior parte delle volte, se non tutte, non candidano indagati e condannati, non ritengono sia del tutto fondamentale dire: «Fuori la mafia dallo Stato». Quello delle istituzioni deve essere un segnale chiaro che non porti il cittadino a dubitare dello stesso.
Perché il nostro è un paese che ha risentito, e risente sempre di più, la presenza del crimine organizzato, tanto da farlo infiltrare al suo interno per la protezioni dei più gravi malaffari, e dei più grandi latitanti. Negli ultimi 25 anni sono stati arrestati i superlatitanti Totò Riina, Bernando Provenzano, Carmine Schiavone, tutti e tre morti e infine Michele Zagaria, capo del Clan dei Casalesi arrestato a Casal di Principe dopo 11 anni di latitanza. Ne manca ancora uno, colui che dovrebbe essere nominato ogni giorno in televisione e alle radio. Il suo nome è Matteo Messina Denaro ed è il nuovo Capomandamento di Cosa Nostra in seguito alla morte di Totò Riina. Latitante da 25 anni, il suo potere, oltre a coprire la Provincia di Trapani, si estende a Palermo e Agrigento.
Nei suoi confronti venne emesso un mandato di cattura per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, porto di materiale esplosivo, furto e reati minori. All’età di 32 anni si attivò per far votare Antonio D’Alì, candidato nelle liste del Popolo della Libertà, per l’allora nuovo movimento politico Forza Italia. Infatti alle elezioni politiche di Marzo D’Alì risultò eletto al Senato con 52.000 voti nel collegio di Trapani-Marsala e fu nominato sottosegretario di Stato al Ministero dell’Interno nei Governi Berlusconi fino al 2006.
Nel 2010 Messina Denaro è stato inserito dalla rivista Forbes nell’elenco dei 10 latitanti più pericolosi al mondo. Nell’aprile del 2008 è stato disegnato, alle spalle della cattedrale di Palermo, su un muro che delimita Piazza Settangoli dalla Chiesa, un murales con la faccia di Denaro. La città rispose affliggendogli sopra una scritta: «Nel vostro ricordo per catturare tutti i latitanti», seguita da 3 foto di Falcone e Borsellino. Un comportamento ancor più grave si ebbe quando venne disegnato un murales con la faccia di Denaro davanti all’università di Giurisprudenza di Palermo.
I cittadini, alla domanda: «Riuscirà la politica a contrastare le varie mafie radicalizzate nei vari territori italiani?», non hanno hanno bisogno di una risposta affermativa caritatevole, ma di fatti reali.