La corruzione dilaga al nord, ma la si giustifica

Martedì 10 aprile sono state arrestate sei persone, a Milano, per corruzione in ambito sanitario. Un direttore sanitario e quattro primari (due dell’ospedale Pini e due dell’ospedale Galeazzi) sono finiti ai domiciliari, mentre un imprenditore che lavora nell’ambito di macchinari sanitari è finito in cella. Questi episodi si ripetono ciclicamente, tanto che l’inchiesta era partita con l’arresto di un altro primario del Pini circa un anno fa.
La corruzione nel Nord Italia è un grandissimo problema, nonostante se ne parli relativamente poco. Curioso poi il fatto che, da quando Renzi ha definito Milano «la Capitale Morale» durante i lavori per l’Expo, le inchieste si siano moltiplicate.
L’argomento dovrebbe avere maggior attenzione: per fare qualche esempio, il Mose in Veneto è stato uno dei più grandi scandali di corruzione del nostro Paese e un’indagine della Fondazione Res testimonia che, tra il 2005 e il 2015, il numero di reati legati alla corruzione commessi in Lombardia è secondo solo a quelli in Sicilia; supera quindi anche quelli commessi in Campania.
Il dibattito coinvolge anche un aspetto politico che resta sempre al centro: non più tardi di ottobre, alla discussione sulla legge elettorale, c’era chi spingeva per far scegliere il candidato direttamente dai cittadini, senza listini bloccati. A supporto di questa scelta si portava una presunta maggior fedeltà agli elettori, quindi un comportamento più adeguato sapendo di non avere la poltrona assicurata e di essere direttamente giudicati alle elezioni successive.
Non ci sono molti elementi per dire che ciò non sia vero, ma un’analisi si può fare. Le ultime indagini, sempre guardando i rapporti di Res, dimostrano che proprio nelle Regioni e nei Comuni, che godono già di questa opzione nella scheda elettorale, sta aumentando il numero di reati connessi alla corruzione. Addirittura i risultati ci dicono che se ne verificano di più in questi anni rispetto all’era pre tangentopoli, in particolare al Nord, dove si registrano ormai moltissimi casi di infiltrazioni mafiose. Basti pensare all’ormai famoso caso di «Aemilia», l’azienda di Reggio Emilia che intratteneva strettissimi rapporti con la ‘Ndrangheta e si muoveva sui grandi appalti di ricostruzione post-terremoto.
È anche vero che gli strumenti a disposizione delle forze dell’ordine sono aumentati, quindi un numero maggiore di casi verificati può dipendere da questo. Grandi scandali come Mose, Expo ed altri devono però farci riflettere e il Nord non è pronto ad accettare critiche costruttive. Il mantra che si sente spesso, la cosiddetta vox populi, è: «È vero che rubano, però almeno danno lavoro alle Aziende». Certo, mica come al Sud, dove le organizzazioni criminali vanno a minacciare i piccoli imprenditori direttamente al negozio. Ma è ancora difficile far arrivare il messaggio che in un sistema malato, dove giustamente ci si lamenta per le tasse troppo alte, la corruzione è parte integrante del problema. Magari non ci minaccia direttamente, ma tramite la mancanza di servizi o, appunto, l’elevata tassazione, passando per la mancanza di meritocrazia, sta facendo lentamente morire questo paese.