Gramellini, sono altri i numeri che la devono preoccupare

Stamattina, sulle pagine del Corriere della Sera, è apparso il consueto editoriale di Massimo Gramellini, giornalista di punta dello schieramento «belle parole e buoni sentimenti». Quest’oggi, il suo «buongiorno» si è trasformato in un esercizio di fact-checking; chissà, forse l’Unione Europea ha deciso di affidarsi a una nuova mente autorevole per smascherare le notizie menzognere nel nostro Paese, dopo che l’incaricato Gianni Riotta ha collezionato svariate figuracce internazionali (con tanto di incidente diplomatico con l’ambasciata russa).

La fake news (più una cosiddetta, in gergo giovanile, «trollata» che una bufala vera e propria) riguarda un certo Tarim Bu Aziz, il quale avrebbe proposto di introdurre i numeri arabi nelle scuole italiane per incentivare l’integrazione. Una persona dotata di una cultura anche solo medio-bassa comprende al volo che si tratta di una buffonata, dato che i numeri che utilizziamo quotidianamente, digitiamo sulle tastiere, leggiamo sull’estratto conto sono, appunto, quelli denominati arabi (contrapposti ai nostrani numeri romani, ormai un po’ accantonati, mannaggia gli immigrati!). Eppure, come ha ben voluto sottolineare Gramellini, troppe persone, evidentemente sprovviste di basilari strumenti culturali, non hanno saputo decifrare il fatto, venendo sopraffatti da profonda collera per l’ennesimo presunto attentato alle nostre tradizioni, non prendendosi neanche «la briga di digitare numeri arabi su un motore di ricerca per controllare come stessero realmente le cose», scrive il giornalista.

Parafrasando un tweet di Di Maio diventato un tormentone, «bene ha fatto» il paroliere Gramellini ad accendere i riflettori sull’ennesima falsa diceria diffusa sul web, a cui dei creduloni pervasi dall’ignoranza hanno abboccato. Soprattutto, ha aiutato a far percepire la rilevanza che i numeri hanno nel nostro mondo. Questi, ad esempio, raggelano il sangue: «L’Italia si conferma tra i fanalini di coda su scala europea per investimenti in formazione: il 4% del Pil, sotto di quasi un punto percentuale rispetto alla media della Ue (4,9%) e poco più della metà di quanto investito da Danimarca (7%), Svezia (6,5%) e Belgio (6,4%)».  (Il Sole 24 ore, 30 agosto 2017) . Parliamo degli ultimi dati Eurostat disponibili, relativi al 2015, resi pubblici lo scorso anno.  Caro Gramellini, leggendo questi numeri (arabi) è automatico capire che non è sufficiente deridere quei poveri analfabeti scrivendo due righe in un articoletto ben pagato per debellare il fenomeno delle bufale peraltro connesso al razzismo che, giustamente, tanto le fa orrore. Non crede che un po’ di vulnus intellettuale ci sia anche in lei, piazzandosi contro delle persone che non sono altro che il risultato preciso e auspicato di decenni di progressivo depauperamento dell’istruzione pubblica senza denunciarne, appunto, la causa?

Se lei fosse in tutta coscienza onesto andrebbe a colpire, con i vocaboli che tanto bene sa gestire, i governanti che hanno deflagrato la spesa dello Stato per il welfare, non solo nel settore scolastico. Sarebbe bene desse un’occhiata anche ad altri numeri, sì, numeri, dato che se ne sta preoccupando tanto, concernenti i nostri connazionali che vivono sotto la soglia di povertà, un altro prevedibilissimo esito di politiche di decurtamento degli investimenti statali in settori strategici per i comuni cittadini.

Che dice, un pezzo su questi numeri Il Corriere glielo pubblica?