Quest’Europa non s’ha da fare. Il modus operandi del governo

Il braccio di ferro tra Italia e UE è aperto. Il modus operandi del governo, ormai sembra piuttosto chiaro: provocare l’Unione Europea ricercando l’attuazione dei principi che essa sbandiera come suoi valori fondanti. Secondo gli eurofederalisti, l’UE sarebbe lo strumento utile a porre rimedio alle problematiche non affrontabili a livello nazionale, trovando nella condivisione e nella cooperazione tra Stati nazionali quel livello di efficienza che non sarebbe raggiungibile singolarmente. Quale migliore argomento dell’immigrazione per rimuovere questo finto vestito da serata di gala? Il lavoro del governo in quest’ottica procede spedito. A dimostrarlo ci sono le promesse non mantenute sulla redistribuzione dei migranti arrivati a Pozzallo (a eccezione della Francia), e ora questo nuovo rifiuto rispetto alla nave Diciotti.

Chi segue questo blog, ormai dovrebbe aver colto le vere funzioni dell’UE, cogliendo come automatico il no ricevuto da Giuseppe Conte. I presupposti da vestito di gala di cooperazione e condivisione coprono una struttura che opera su un livello completamente opposto, ovvero sul mercantilismo e sulla competizione all’interno di un perimetro rappresentato dal mercato comune europeo. Lo verifichiamo analizzando l’articolo 3 del Trattato sull’Unione Europea.

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Esso si basa sull’instaurazione di un mercato interno, nel quale si applica una politica economica basata sulla stabilità dei prezzi. Il compito della BCE è in primo luogo quello di applicare una politica monetaria che raggiunga l’obiettivo fondamentale, ovvero un’inflazione bassissima, che agisce purtroppo come mancato sostegno all’erosione del debito pubblico. Solo in subordine a questo obiettivo, si mira alla piena occupazione, intesa come livello occupazionale massimo raggiungibile da un’inflazione bassa, fissata come obiettivo al 2%. Poi, si parla di economia sociale di mercato, che non è nient’altro che l’ordoliberismo, dottrina economica tedesca che punta sull’arretramento dello Stato e offre come soluzione il potere del mercato di autoregolarsi. Dentro il mercato comune, vige una competizione forte, che va in antitesi col concetto di cooperazione tra Stati. Eccovi servita l’UE.

Per l’Italia, il versamento secco di 20 miliardi di Euro al bilancio dell’UE dovrebbe rappresentare uno sforzo per intravedere un’opportunità da sfruttare nel mercato comune europeo. Lo sentiamo dire poche volte in televisione, ma noi siamo ampiamente contributori netti dell’UE. Sono informazioni fondamentali per conoscere il nostro peso contrattuale.

Eccovi i dati fino al 2014. Una posizione a credito per 72 miliardi di Euro.

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Nel modus operandi del governo, sembra esserci la ricerca di un casus belli, con un piano B rilanciato da Savona in un’intervista di pochi giorni fa: «Il piano B lo hanno tutti gli Stati, anche la Germania, nonostante le smentite della Merkel. Perché scandalizzarsi?». Da Savona c’è la piena consapevolezza che alla fine del programma di acquisto titoli BCE, i mercati arriveranno a colpire e suonano fondamentali le informazioni USA che danno Donald Trump pronto a supportare il debito pubblico italiano, offrendoci un ombrello di protezione dalla speculazione.

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Luigi Di Maio non sembra minimamente voglioso di arretrare dopo lo sgarro sulla Diciotti e rilancia dicendosi pronto a non farsi mettere i piedi in testa, puntualizzando l’indisponibilità a versare la quota di 20 miliardi all’UE. Situazione calda, caldissima.