Perché il tram è un problema a Padova

Sempre al centro del dibattito, ancora di più oggi, con l’amministrazione insediata due anni fa che ha rispolverato vecchi progetti. Parliamo del tram di Padova, anzi ad essere più precisi del metrobus di Padova, che consta in un mezzo con ruote guidato contemporaneamente da una rotaia unica, posta al centro della corsia, con cavi elettrici lungo il percorso da cui attingere energia tramite il pantografo. Le polemiche sull’utilizzo di questo mezzo si sono riaccese dopo la caduta della Giunta di Massimo Bitonci per cui, nella successiva campagna elettorale, è stato il tema principale insieme a Sicurezza e Nuovo Ospedale.

Padova è, quindi, già dotata di una linea, con mezzi che tagliano la città da Nord a Sud (e ritorno) con frequenza piuttosto alta. La seconda linea, invece, era stata bloccata appunto da Bitonci nel 2014. Durante l’ultima campagna elettorale, per le Comunali 2017, la critica principale che si faceva al mezzo, mossa anche dalle forze politiche che hanno poi vinto le elezioni, era che il mezzo è obsoleto: la ditta che lo produceva (la Translohr, francese) ha chiuso pochi anni fa, perché per questo modello il rapporto tra prezzo, qualità e costi di manutenzione non era minimamente vantaggioso. Così l’azienda produttrice, prima di fallire, è stata rilevata da Alstom Spa, un’altra società che ha prontamente bloccato la produzione del Metrobus, a conferma di quanto emerso precedentemente.

In campagna elettorale c’erano quindi forze politiche (quelle poi sconfitte) che puntavano esclusivamente sugli autobus elettrici e i futuri vincitori che, invece, si dicevano possibilista su una eventuale seconda linea, premettendo però di valutare anche altre tecnologie. Seconda linea che, per forza di cose, deve intrecciarsi con la prima, per cui l’analisi dei tecnici sul da farsi ha avuto un esito pressoché scontato: l’unica opzione è proseguire sul modello vecchio, usato solamente da altre 5 città nel mondo (dalla Cina alla Francia), escludendo gli autobus elettrici per, a detta dell’amministrazione, la limitata portata di passeggeri che possono garantire. Per convincere l’azienda a continuare la produzione, anche per il problema che riguardava eventuali pezzi di ricambio delle carrozze già esistenti, i sei rappresentanti delle città hanno convenuto di unire le forze, portando insieme la proposta e accettando tout court il prezzo imposto dall’unica impresa che, di fatto, poteva essere in grado di soddisfare le loro richieste.

C’è da dire però che più passa il tempo, più emergono criticità su questo mezzo ormai superato: le volte in cui lo si nota trainato da un trattore, con il Servizio Sostitutivo (Autobus) che lo rimpiazza, non si contano più. Appena una settimana fa la vettura è addirittura deragliata in rettilineo. Inoltre la rotaia ha una conformazione tale che diventa pericolosissima, avendo ai lati una fessura larga e profonda per cui le ruote delle bici si incastrano perfettamente senza possibilità di uscita; si sono verificati incidenti anche per autisti di motoveicoli, l’ultimo non più tardi di due giorni fa, con conseguente ricovero in ospedale e servizio pubblico nuovamente bloccato.

Rimane inoltre l’incognita del percorso della seconda linea, che dovrebbe essere di 6 km e si stima avere un costo tra 60 e 90 milioni di euro: nonostante la conferma dei fondi ministeriali sia arrivata ormai da mesi, la situazione sembra completamente bloccata, con tre possibilità di tragitto e l’amministrazione che non dà più notizie del progetto. I residenti del quartiere in cui è previsto il passaggio, vista la sua struttura e la ridotta larghezza delle strade, rimangono sull’attenti, in attesa di risposte che tardano ad arrivare.