Alle origini del liberalismo per capire la sua incompatibilità con la democrazia

Molti liberali, tante volte in buona fede, cadono in errore nel ritenere che la loro ideologia possa essere compatibile con la democrazia. Per comprendere perché ciò non corrisponde al vero, bisogna fare un breve excursus storico.

Le idee che fanno riferimento al liberalismo nascono verso la metà del Seicento; nel corso del Settecento e dell’Ottocento si consolidano e sono portate avanti soprattutto dalla media e alta borghesia (commercianti, industriali, banchieri), che pian piano avevano cominciato ad avere un ruolo e un potere sempre più vasto. Il liberalismo nasce come opposizione alla nobiltà e al clero, le quali erano le classi privilegiate dell’Ancient Régime, un sistema politico in cui non vigeva la regola «una testa, un voto», ma valeva la regola del voto per «stato». Gli Stati rappresentava i diversi ordini sociali: nobiltà, clero e terzo stato. Ogni classe sociale valeva un voto. Avendo interessi affini, la nobiltà e il clero votavano praticamente qualsiasi provvedimento insieme e di conseguenza, il ceto più numeroso (il Terzo Stato) era escluso da qualsiasi decisione politica rilevante.

Inoltre, c’era un problema non di poco conto, la borghesia (facente parte del Terzo Stato, ma avendo un tenore di vita decisamente più alto dei contadini, braccianti e degli operai), ritenendo di essere la classe sociale che contribuiva maggiormente al progresso della Nazione, pretendeva rappresentanza in modo da poter contribuire alla decisione sull’importo delle imposte da rendere al sovrano. Oltre a questo, visto il peso fiscale, che gravava interamente sulla borghesia e su quello che verrà successivamente chiamato proletariato (contadini, braccianti e operai), esigeva che anche i nobili pagassero le tasse e le imposte. Alcuni sovrani, detti «illuminati» per mantenere il loro potere, che rimaneva comunque vasto e importante, fecero queste concessioni e da monarchie assolute divennero monarchie parlamentari; altre invece, come nel caso della Francia, non vollero ridurre in nessun modo i privilegi acquisiti. Ciò portò alle rivoluzioni borghesi che portarono la transizione da una monarchia assoluta a una monarchia parlamentare. Come vennero attuate queste rivoluzioni?  Vennero attuate attraverso l’appoggio del popolo, che fu abilmente manipolato, con promesse che non vennero mantenute. Non fu fatta una legislazione a vantaggio dei ceti più deboli, al contrario, furono tutelati la grande proprietà e il settore finanziario.

Bisogna aspettare la seconda metà dell’Ottocento, per poter vedere prendere in considerazione le istanze dei ceti più deboli. A questo proposito contribuirono molto le idee di Karl Marx, con il suo «Manifesto del Partito Comunista» del 1848. Cominciarono a formarsi partiti socialisti e comunisti in tutta Europa, che si fissavano obiettivi come: l’aumento dei salari, la riduzione degli orari di lavoro e la tutela dei diritti dei fanciulli. Fino agli inizi del secolo scorso non cambiò sostanzialmente nulla, i lavoratori continuarono a subire condizione di lavoro disumane. Verso la fine dell’Ottocento nascono i primi partiti socialisti: nel 1875 nasce l’SPD (Partito socialdemocratico di Germania), nel 1882 il PSI (Partito socialista italiano) e nel 1905 nasce la SFIO (Sezione Francese dell’Internazionale Operaia).

È grazie alla creazione di questi partiti socialisti e anche di partiti comunisti in Europa (in Italia, per esempio, si formerà il PCI nel 1921), che le condizioni dei lavoratori migliorano sensibilmente non potendo più essere semplicemente ignorate. Da questo momento comincia un lungo percorso di conquista dei diritti sociali, per le fasce più fragili della popolazione. Un percorso che viene ostacolato in qualsiasi modo dalle élite liberali. La Rivoluzione russa avvenuta nel 1917 preoccupò enormemente i regimi liberali occidentali, che decisero di affidarsi a regimi totalitari, per soffocare qualsiasi tentativo di emulazione, da parte dei lavoratori, di ciò che stava succedendo in Russia. Infatti, un regime come il fascismo italiano, seppur vero che condusse politiche sociali importanti agli inizi soprattutto, allo stesso tempo tutelò fortemente la grande borghesia e i grandi proprietari terrieri. Questi regimi totalitari che si vedranno per tutto il Novecento dimostrarono come non ci sia un’avversità naturale nei confronti delle dittature da parte dei partiti liberali, l’odio è condizionato dall’eventualità che il regime difenda o meno la proprietà privata.

Nel prossimo articolo, proseguiremo con questa ricostruzione storica.