Zagrebelsky, Onida e Di Matteo sull’ergastolo ostativo

Si è molto dibattuto sull’ergastolo ostativo. È giusto allora tenere in considerazione l’opinione su tale tema di tre esperti in materia.
Gustavo Zagrebelsky, ex Presidente della Corte Costituzionale, dichiara: «La Consulta è stata estremamente cauta nella sentenza, difatti la stessa ha dichiarato incostituzionale il divieto assoluto e automatico di non dare benefici al detenuto in caso di non collaborazione, poiché la possibilità di dare permessi deve essere presa da un giudice quando siano stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale, sia il percorso di ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata ». Praticamente dichiara che la Corte ha dichiarato incostituzionale l’automatismo, e non la misura in sé.

Valerio Onida, ex Presidente della Corte Costituzionale, dichiara: «Fino a ieri un’eventuale liberazione di un ergastolano sotto il regime ostativo non era in contrasto con la Costituzione poiché egli aveva possibilità di accedere ai premi collaborando e confessando altri crimini». Poi dichiara: «Ma sarebbe libera una scelta di un detenuto che, ad esempio, che non abbia mai ammesso i propri crimini, e dunque per collaborare dovrebbe confessare? Un conto è chiedere un ravvedimento del condannato, un altro è chiedere un’attiva collaborazione con la giustizia». 

Antonino Di Matteo, attuale membro del Consiglio Superiore della Magistratura, attualmente sotto scorta con il livello massimo di rischio poiché soggetto a continue minacce mafiose, nonché procuratore per l’indagine Trattativa Stato-Mafia fino al primo grado, prima di commentare la sentenza fa tre premesse:« 1- l’ergastolo è l’unica pena detentiva che la mafia vuole combattere, difatti Riina diceva: «Noi 15 anni di galera li possiamo fare attaccati ad una branda. Ci dobbiamo giocare i denti per evitare l’ergastolo »; 2- «Cosa Nostra ricattò lo Stato a suon di bombe per far in modo che lo stesso affievolisse il carcere duro, nonché il regime carcerario 41bis»; 3- «Poco più di un anno fa sono venuto a conoscenza di alcuni capi mafia che stavano pensando a collaborare con la giustizia, ma attendevano varie sentenze, come quella, appunto, della CEDU».

Poi Di Matteo aggiunge: «È per questo che sulla scia della sentenza della Consulta bisogna porre dei paletti, e spero che il legislatore lo faccia il prima possibile». Infine rilancia con un commento ed un consiglio: «La licenza all’ergastolano non può derivare solo dal comportamento in carcere, ma bisogna avere la prova del vero ravvedimento, difatti i capimafia in carcere molto spesso si comportano meglio di tutti gli altri. Bisognerebbe concentrare le competenze sulle licenze ad un solo tribunale di sorveglianza per evitare che vengano compiute minacce e ritorsioni a magistrati in tutta Italia in cambio di un permesso premio».
Perciò, in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale, personaggi come Marcello Viola potrebbero, ed è doveroso ripetere «potrebbero», ottenere permessi premio solo in seguito alla valutazione del Magistrato di sorveglianza sentiti i vari organi competenti.
Se da una parte lo Stato ha bisogno di collaboratori per combattere la mafia, lo Stesso deve rispettare quelli che sono i diritti dei detenuti. Il legislatore deve quindi trovare un punto d’incontro a queste che fino ad adesso sono state, se non tutte, almeno in parte, opposte realtà.