Contro le mafie non si può essere liberisti (e pro UE)

La mafia è uno di quei temi su cui l’opinione pubblica si trova concorde unanimemente. Nessuno si dichiara a favore dell’esistenza del fenomeno mafioso. Tutti si mostrano inclini alla lotta contro questo male subdolo che attanaglia il nostro Paese. Certo, poi vendono il loro voto o si infiltrano in Parlamento per curare gli interessi di qualche clan, ma a parole è uniforme il rifiuto nei confronti di Cosa Nostra, Camorra, ‘Ndrangheta. Anche a livello partitico, infatti, restando in superficie, è introvabile una voce benevola nei confronti di coppola e lupara.

Da ciò, si deduce la grande difficoltà di decifrare accuratamente le reali intenzioni di questo o quel partito concernenti il contrasto alle associazioni a delinquere di stampo mafioso. Senza dubbio, l’attività della magistratura corre in ausilio all’elettore che ha a cuore la legalità e, di conseguenza, desidera scegliere rappresentanti integerrimi che si tengono a debita distanza dai malavitosi; infatti, dovrebbe rappresentare un imperativo categorico non concedere il proprio voto a simboli più e più volte coinvolti in procedimenti sfociati poi in condanne per reati come, ad esempio, il concorso esterno, il più comune fenotipo tra quelli attinenti al genotipo mafioso.

Tuttavia, al di là di un effettivo nesso di collaborazione tra i cosiddetti colletti bianchi e le «famiglie», è possibile effettuare una netta scrematura tra fazioni veramente disposte all’eradicazione delle mafie e quelle che, al contrario, utilizzano questo argomento per pulirsi la coscienza e guadagnare consenso, limitandosi alle sfilate negli anniversari delle stragi, senza attivarsi realmente per porre fine a questa piaga. Infatti, già a livello meramente ideologico si può effettuare una distinzione. Sia chiaro, si deve compiere quest’analisi non soffermandosi sulla dicotomia destra-sinistra ancora millantata dalla narrazione che riceviamo dai mass media, ma rifiutando le etichette che, appunto, giornali e televisioni e i partiti stessi si appiccicano addosso sviando l’uditorio. Oggi non è più efficace la suddivisione in politici di destra e di sinistra, ma si rivelerebbe molto più funzionale (e per questo non presa in considerazione dal mainstream) la separazione tra liberisti, molto diffusi e indubbiamente preponderanti e i socialisti, ormai una sparuta minoranza. In sostanza, il panorama politico andrebbe valutato alla luce di chi vuole mettere lo Stato in un cantuccio, ridotto al minimo delle sue potenzialità, quasi ininfluente nella sfera privata e e chi, all’opposto, crede fortemente nella fondamentale necessità della sua presenza e del suo intervento, anche e soprattutto in economia.

Ritorniamo più specificamente al tema delle mafie. Che cosa sono esse se non organizzazioni, più o meno complesse, che si muovono con la finalità di sostituirsi allo Stato? Ciò è peculiare di questa tipologia di criminalità, altrimenti si tratterebbe di comuni associazioni a delinquere che mirano a procacciarsi profitti mediante gli illeciti. Le mafie, invece, si pongono come obiettivo il controllo territoriale, il rispetto delle loro regole da parte della popolazione che, infrangendole, subisce severe punizioni. Insomma, le mafie rivendicano la sovranità e la potestà d’imperio che sono intrinseche allo Stato.

Di conseguenza, esse si insinuano lì dove lo Stato meno fa sentire la sua azione, nei luoghi in cui il disagio sociale prolifera alimentato dalla povertà e dalla carenza di servizi. Infatti, molto semplice è per loro reclutare seguaci dove mancano opportunità lavorative: spacciare e andare a riscuotere il pizzo suonano come irrinunciabili proposte d’impiego alle orecchie di chi vive nell’indigenza e non riscontra alternative. Così, migliaia di giovani d’umilissima estrazione gonfiano l’esercito mafioso, orgogliosi di essere stati scelti dal boss locale per trasportare qualche chilo di cocaina da un paese all’altro, gratificati dall’aver finalmente qualche soldo in tasca.

Ecco che questo è attinente alla corretta dicotomia tra liberisti e socialisti. I primi, convinti della bontà del ridimensionamento dell’azione statale, perciò felicemente aderenti all’Unione Europea che spinge al pareggio di bilancio, non potranno mai essere utili a colpire mortalmente le mafie, poiché, come appena spiegato, queste si nutrono proprio dell’assenza dello Stato. Fondamentale è, di contro, ciò per cui combattono i socialisti che come faro si pongono la Costituzione del 1948, la quale disegna una Repubblica che garantisce il lavoro, l’istruzione, la sanità, ecc.ovviamente tramite la finanza pubblica, perché senza la spesa tutti i dettami costituzionali si tramutano in promesse disattese.

Possiamo, dunque, concludere affermando che non possono convivere il pensiero liberista ed europeista con una reale avversione al fenomeno mafioso, dal momento che la soluzione a questo risiede nel conferire  nuovamente allo Stato i poteri che lo caratterizzano: indebolirlo con cessioni di sovranità che gli impediscono di attuare importanti politiche sociali equivale a incoraggiare i criminali che desiderano prendere il suo posto.