Salvo Lima: i retroscena del suo omicidio

Siamo intorno alla metà del dicembre del 1992, quando in casa di Girolamo Guddo, esponente di Cosa Nostra, Totò Riina, in concomitanza con gli auguri di Natale, convoca una riunione a cui presero parte esponenti della Commissione Regionale di Cosa Nostra ed esponenti della Commissione provinciale di Cosa Nostra, per dare il via alla «Stagione stragista», in attesa della Sentenza che la Corte di Cassazione darà il 20 gennaio successivo a riguardo del Maxi-Processo.

A questa riunione, come riportato da diversi pentiti delle famiglie mafiose siciliane dell’epoca, si decise di dare il via all’organizzazione del piano stragista per eliminare diversi personaggi eccellenti dello Stato, ossia quelli che hanno sempre combattuto la mafia attraverso il loro impegno, come Falcone e Borsellino, e quelli che si erano dimenticati di restituire il favore una volta eletti, come avvenne per l’onorevole Democristiano Salvo Lima. Cosa Nostra volle raggiungere così due obiettivi con questa stagione stragista: vendicarsi per le sentenze del maxi-processo ed evitare che in futuro ci siano altri episodi di risentimento da parte di chi prima si era appoggiato all’organizzazione per poi voltarsi da un’altra parte al momento di restituirlo.

Come accertato dalla Sentenza di Primo grado del Borsellino quater, «il Riina ha comunicato ai presenti che si era «arrivati al capolinea», alla «resa dei conti»; ha poi proceduto a fare un elenco di nomi: prima quelli di Falcone, Borsellino, Lima e poi quelli di Martelli, Mannino; ha aggiunto che era arrivato il momento in cui «ognuno di noi si deve assumere le sue responsabilità»; ha concluso, con riferimento alla prevedibile reazione dello Stato: «Ci pigliamo quello che viene».

Soffermiamoci ora su Salvo Lima, poiché sono diverse le testimonianze dei pentiti, da Brusca a Giuffrè, fino a Cancemi, che ne parlano.
Giovanni Brusca, interrogato a riguardo delle indagini che Falcone stava portando avanti per evitare nuovamente i contatti tra esponenti mafiosi e persone che potevano intervenire a favore di Cosa Nostra nel Maxi-Processo, racconta: «Eh, sia per il maxiprocesso e per gli impedimenti che avevamo per poter arrivare ad un esito positivo. Cioè, indagava su quelle persone che noi avremmo potuto agganciare nuovamente, cosa che non è stata possibile; i vecchi amici, ripeto, mi riferisco all’onorevole Lima e lui, diciamo, ha fatto in modo che non intervenissero. Cioè, essendo che lui rifletteva, i suoi riflettori erano puntati in Cassazione tramite agganci politici, quindi non potevamo intervenire».
Sempre Brusca dichiara: «Dopodiché viene le sentenza (del maxi-processo n.d.r.) e si comincia a fare tutta una serie dì omicidi per… Per toglierci le spine dal fianco, come si suol dire, o quelli che prima, tramite la mafia hanno avuto del bene, tipo l’onorevole Lima, la corrente andreottiana e lo stesso onorevole Andreotti… Ne hanno avuto beneficio e poi ci hanno abbandonato, cioè si sono un po’ defilati e si sono guardati i suoi fatti e ci hanno un po’ abbandonati.»
Brusca dichiara, così, che a causa delle continue indagini di Falcone non si è riusciti a far intervenire esponenti politici a favore degli indagati nel Maxi-Processo. Il tentativo di far intervenire questi ultimi arriva quando questi si erano comunque già defilati dal restituire il favore a quella corrente mafiosa che li aveva sostenuti elettoralmente o che aveva loro, in qualche altro modo, regalato benefici di altra natura. Ulteriormente per questo motivo vennero condannati a morte.

Continua…

[Il presente articolo è il primo di tre riguardanti il tradimento e l’uccisione di Salvo Lima da parte di Cosa Nostra. Sono collegati al progetto Turing, a cura di Tito Borsa e Simone Romanato]