Su Fantozzi e l’Italia

Ragionier Ugo Fantozzi, impiegato della Italpetrolcemetermotessilfarmometalchimica. La sua saga è un capolavoro della letteratura e della cinematografia italiana. Ma non si tratta di comicità. L’intramontabile opera di Paolo Villaggio è un trattato di sociologia, che oggi più che in passato può aiutarci a decifrare la società. Nel 1975, anno di uscita del primo film, in pieno boom economico, con l’Italia a ricoprire il ruolo prima nazione al mondo per crescita economica, il personaggio di Fantozzi poteva ricadere in una simpatica caricatura esasperata. Nel 1976 la quota salari italiana, spinta da un Partito Comunista Italiano ai massimi storici, toccò il suo picco massimo. Altri tempi.

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Visto con gli occhi attuali, l’opera di Villaggio disegna la società delle disuguaglianze sociali, della competizione e dell’indifferenza all’interno di una macchina burocratica e piramidale intricata e infinita. Il povero Fantozzi, nella prima mitica scena viene murato per diciotto infiniti giorni, senza che nessuno si accorga della sua assenza (figurarsi i colleghi del suo ufficio, che una volta ricomparso gli mollano pure le loro scartoffie, come se non bastassero quelle accumulate nella sua scrivania per la sua assenza).

Nel mondo di Fantozzi vincono i leccaculo e i parassiti, vincono i Calboni di turno. Vincono, appunto, quelli disposti appositamente a perdere 37 partite di biliardo consecutive contro il Conte Catellani per ottenere promozioni facili, pur essendo stato campione di carambola dell’ENEL.

La magnifica scena della partita di biliardo è da sempre la mia preferita. Il povero Fantozzi prova con tutto se stesso a resistere, facendosi schiacciare e umiliare da Catellani. Lo deve alla sua famiglia, ma tira fuori l’orgoglio degli ultimi emarginati e reagisce. Dopo aver resistito a 38 offese del Conte Catellani, che continua a deriderlo chiamandolo coglionazzo, Fantozzi cerca la strada meno vantaggiosa ma più onorevole: la rivoluzione degli ultimi.

Lo schiaccia, recuperando dallo svantaggio e battendo il Conte, gestore dell’ufficio raccomandazioni, con un ultimo colpo da maestro. Chi non ha nella memoria il triplo filotto reale ritornato con pallino del Rag. Ugo Fantozzi? Credo nessun italiano! Una rivoluzione fine a se stessa, ma pur sempre una rivoluzione.

Quest’opera, specialmente nelle parti guidate dalla regia di Salce, rimarrà un riferimento perché è riuscita a creare un collante dove tutte le generazioni, nonni, padri, figli, possono ritrovare una visione comune. Per farlo non devono fermarsi al primo strato di Fantozzi, quello ridicolo e ironico, ma devono scavare oltre per andare a trovare i messaggi più profondi, quelli sulla società capitalista, al potere esercitato dal Capitale sul Lavoro ragionando sui discorsi tra Fantozzi e il solitario Folagra. L’atto insurrezionale che generò questa conversione di Fantozzi fu messo a tacere proprio dal Megadirettore galattico Balaban, che si mostrò al Ragioniere per la prima volta.

Fantozzi: «Scusi Sire, ma non vi vorrà dire che lei è, scusi il termine sa, Comunista?».

Megadirettore galattico: «Beh, proprio Comunista no. Vede, io sono un medio progressista».

Insomma, un piddino. Sempre al vertice. Saluti!