I social network tra puritanesimo e frontiera

Ci siamo occupati diffusamente della costruzione dell’immaginario americano e degli effetti che la sua esportazione provoca sulla sovranità degli Stati provincia della Pax Americana. Serve, però, fare un ulteriore passo avanti. Serve addentrarsi analiticamente negli strumenti comunicativi più influenti dell’attualità: i social network. Quali sono i legami tra i social network e gli archetipi fondativi dell’immaginario americano?

Nelle precedenti puntate si è fatta una netta distinzione tra l’archetipo puritano e l’archetipo della frontiera. Osservando analiticamente l’architettura del social network più famoso, Facebook, si può scorgere una fusione dei due archetipi. In primo luogo, Facebook permette di crearsi un mondo a propria immagine e somiglianza, in piena continuità con l’archetipo puritano. Quest’ultimo posiziona la sua base sicura nell’abitazione, uscendone per compiere un percorso di purificazione dello spazio esterno, ritenuto contaminato e insicuro. La salvezza non è concepita per opere, ma per predestinazione, e serve rintracciare i segni di quest’ultima costruendosi una vita di successi che autoconvincano il puritano di essere predestinato. Il luogo della contaminazione, la metropoli, è il luogo dove arrivare al successo, salvo scapparne immediatamente dopo averlo raggiunto, trincerandosi dentro uno spazio esclusivo, catalogato, sicuro, controllato: i sobborghi. Qui la condivisione di idee, status sociale, necessità di lontananza dalla contaminazione accomuna gli abitanti; molto spesso i sobborghi nascono con prenotazioni anticipate, sulla base di una lista di prerequisiti che omogeneizzino gli abitanti, per poi esser costruiti. È l’allontanamento dall’opportunità di subire un attacco dall’esterno (luogo contaminato), mediante protezione all’ingresso.

Questo quadro teorico è lo specchio dei nostri profili Facebook. Si accettano o declinano le richiesta d’amicizia sulla base di prerequisiti soggettivi di catalogazione. Con questa logica, ognuno si costruisce il proprio sobborgo virtuale, protetto da presenze indesiderate, dove confrontarsi nell’analisi dei fatti. È il richiamo puritano alla sicurezza, ma ciò plasma intorno a noi un mondo virtuale – che spesso si prolunga nella percezione del reale – utopico. Nei social il risveglio dal sogno utopico si palesa, molto spesso, il giorno delle elezioni: il mondo virtuale – alimentato dal funzionamento degli algoritmi – e quello reale non si sovrappongono, e la lettura soggettiva della realtà evapora.  L’essersi costruiti un sobborgo virtuale con permesso all’ingresso si trasforma in un limite di lettura sociale e politica.

Tutto questo solo dal punto di vista puritano. Ma per quanto riguarda la frontiera?

La frontiera non si può mettere in relazione con il confine: il secondo definisce i limiti di uno spazio su cui vige sovranità e legge, mentre con la prima s’intende uno spazio aperto conteso. Alla conquista del West, fino al limite geografico californiano che sancì la fine della frontiera, con la conseguente necessità di cercarne altre di diversa natura. Fu compito dell’immaginario sanare questa ferita culturale, ricreandola in simulazione col cinema western, e dello Stato. La politica americana ha il compito aprire la strada verso nuove frontiere, nuove opportunità in cui gli americani possano dimostrare la loro elezione: la conquista dello spazio e, successivamente, lo spazio virtuale di Internet, in cui far valere la propria predominanza. Il pioniere, figura centrale dell’immaginario, si trasformò nell’hacker, il nuovo pioniere del virtuale.

Facebook è la fusione dei due archetipi dell’immaginario, uno dei tanti strumenti della nuova frontiera social dove conquistare e accumulare – con la nostra complicità – dati sensibili, anche in funzione strategica. Ecco la distopia social.