Occorre fare un passo oltre la narrazione curvy

Fino a qualche anno fa, le donne con la pancetta e i fianchi larghi, sfogliando una rivista di moda, assistendo a una sfilata o osservando le vetrine dei negozi, percepivano di non appartenere alla specie umana. Non potevano, infatti, riconoscersi in quelle modelle così filiformi, anche di cinque o sei taglie inferiori alla loro, così come non si sentivano incluse nella clientela di boutique dai capi favolosi, ma che oltre la 44 non vestivano.

Non possiamo nascondere che ancora gran parte del mondo della moda sia fatto di e per corpi ossuti che spesso sconfinano nel patologico, ma significativi miglioramenti si possono apprezzare nell’accogliere anche donne dal fisico più morbido e farle sentire parte del glamour, permettendo loro di esprimersi e sognare attraverso l’abbigliamento.

Sempre più marchi, infatti, allestiscono collezioni curvy e oversize e altri hanno visto la luce proprio con l’obiettivo di indirizzarsi a clienti che indossano dalla 46 in più. Ora, dunque, non è più inusuale imbattersi in punti vendita ed esposizioni dedicati, oltreché in servizi fotografici che ritraggono bellissime giovani in carne che vestono gonne, pantaloni e camicette disegnati apposta per avvolgere seni generosi e gambe corpulente, non comprimendoli in tessuti e tagli asfissianti, ma esaltando ogni parte al meglio. 

Possiamo, dunque, riconoscere che, nonostante il modello di bellezza non si possa certificare come mutato, vigendo ancora quello della magrezza molto accentuata, oggi le donne grassocce hanno la possibilità di accedere a una gamma di vestiti piuttosto varia in cui sentirsi a loro agio e di tendenza. Questo, tuttavia, vale più per quelle facoltose che per le ragazze e le signore in ristrettezze economiche. Nei grandi magazzini, infatti, si fatica ancora a trovare maglie e vestitini che siano in grado di contenere un lato B importante e delle braccia cicciottelle. Più fortunate (come in molti altri campi, d’altronde) sono le curvy con un conto in banca sostanzioso, le quali possono rifornirsi da firme come, tra le altre, Elena Mirò e Persona by Marina Rinaldi, le quali vedono come protagoniste delle loro campagne pubblicitarie volti noti della televisione e della comicità come Vanessa Incontrada e Michela Giraud.

Qui si apre un altro capitolo della saga curvy: il messaggio. Quando vengono girati questi spot e scattate le fotografie che invadono poi soprattutto le home dei social network, non si mira a vendere solo il prodotto, ma, ormai come in tutto l’ambito commerciale, si pensa alla creazione dello storytelling migliore per vendere il prodotto. Quello associato agli abiti per le donne con dei kg in più è sempre di accettazione, di bellezza nonostante i difetti, di lotta al bullismo, di riscatto: la solita solfa che viene inserita perché, per forza, si vuol trasmettere un messaggio sociale di affrancazione dagli stereotipi e dalle discriminazioni.

Questo stile era senza dubbio consono al principio di questi lanci sul mercato, così rivoluzionari rispetto ai prodotti di moda precedenti, confezionati esclusivamente per femmine dal fisico asciutto e pubblicizzati da ragazze scultoree. Adesso, però, sarebbe il momento di fare un passo oltre questa narrazione curvy trita e ritrita. Basterebbe celebrare quegli abiti per la loro eleganza, per il loro gusto, per la loro praticità, così come si fa per jeans e maglioni cuciti per una taglia 40. Questo sarebbe un punto di arrivo di vera normalizzazione, per consentire a qualunque donna di abbigliarsi come meglio crede, che sia magra o grassa, senza sentirsi oggetto di operazioni commerciali che sfruttano problematiche sociali e che, a ben guardare, continuano a farle sentire diverse.