Il decadentismo pascoliano e quel barlume di speranza

Giovanni Pascoli è stato uno dei massimi esponenti del Decadentismo italiano e uno degli autori più influenti della letteratura italiana del ‘900.

Nasce a San Mauro (oggi San mauro Pascoli in suo onore) il 31 dicembre del 1855, in provincia di Forlì, in una famiglia benestante. È figlio di Ruggero Pascoli, amministratore della tenuta La Torre della famiglia dei principi Torlonia che verrà brutalmente assassinato il 10 agosto 1867, mentre tornava a casa da Cesena. Un omicidio che non verrà mai risolto anche se si sospetta che le ragioni siano lavorative. Questo lutto condizionerà fortemente il poeta e lo porterà a comporre in ricordo del padre la celeberrima X agosto, con la struggente similitudine di una rondine uccisa mentre tornava al nido, portando in becco la cena ai suoi piccoli. Il poeta ricorda il padre come un uomo che viene privato della vita mentre portava in dono delle bambole alle sue bambine e descriverà il dolore di una madre e dei figli che aspettano invano che il padre ritorni a casa.
Il dolore della perdita del padre si aggiungerà a quello per la perdita della madre, nel 1868, per un attacco cardiaco, e di quello dei suoi due fratelli, Luigi, nel 1871 per meningite e nel 1876 il fratello Giacomo per tifo. Trascorrerà il periodo universitario a Bologna (1873-1882) come studente alla Facoltà di Lettere. Fu allievo di Carducci, che si accorse subito delle qualità del giovane Pascoli e fu protetto da questo legame maestro e allievo.

Ha una visione decadente della vita, come è molto comune di questo periodo storico. L’autore non nutre nessuna speranza per una società dominata dal materialismo economico e in cui la sensibilità è dote rara e talvolta non viene apprezzata. Tutto ciò porta alla paura dell’esterno e soprattutto alla paura di essere adulti. Inoltre, bisogna considerare l’impatto che la morte di un genitore può suscitare su un bambino così piccolo, un trauma che non verrà mai davvero superato da Giovanni Pascoli. Una ricorrente immagine, infatti! è quella del nido, che rappresenta la famiglia, un nido che viene spezzato dalla morte del padre e successivamente degli altri componenti della sua famiglia. Sono vicissitudini che segnano il poeta e lo porterà a voler riformare quel nido spezzato non riuscendoci mai davvero.

Seppur la sua visione della vita possa definirsi pessimistica, a volte si nota un pizzico di speranza, che emerge soprattutto nel saggio Il Fanciullino. Pascoli, infatti, ritiene che per poter sopravvivere a una società che schiaccia le persone più sensibili l’unico modo sia quello di rifugiarci nel nostro ricordo di fanciulli, riuscire di nuovo nell’impresa di emozionarci davanti a un paesaggio, a un tramonto, alle cose semplici belle dalla vita. Riuscire a staccare un poco dagli impegni, dalla frenesia del mondo contemporaneo, ammirare la bellezza del mondo prima di rituffarci inesorabilmente in quella quotidianità che a volte ci riempie la vita e non ci fa godere le cose belle per cui vale la pena vivere.