Strage di via D’Amelio: le ingerenze dei servizi segreti – parte 4

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Proprio su Scarantino fu Tinebra, ovvero colui che chiese ai Servizi Segreti di dirigere le indagini, a muoversi per primo, come confermato da Tinebra. Un’indagine, quella su Scarantino, che al giornalista Palazzolo sembra inverosimile.

TESTE CONTRADA – «Su Scarantino io non ho mai fatto nessuna indagine, so soltanto però, perché poi mi fu fatto leggere l’appunto dal direttore del centro, che il dottor Tinebra chiese personalmente al capocentro, al colonnello Ruggeri, un appunto sulla personalità di Vincenzo Scarantino e sui suoi eventuali legami con ambienti della criminalità organizzata, cioè della mafia, e di riferire direttamente a lui tutto questo».

PALAZZOLO. «Con quella nota il Centro Sisde di Palermo informa il centro di Roma e la questura di Caltanissetta, che Scarantino ha parentele illustri in Cosa Nostra, in qualche modo accreditando questo balordo di borgata come un mafioso, cosa che era inverosimile. Quindi i servizi segreti hanno in qualche modo rafforzato le indicazioni che venivano dalla squadra mobile».

Ad intervenire su questa vicenda, ossia nel «tirare in ballo» Scarantino, è anche il Dott. Gozzo, che dichiara la parentela con la famiglia dei Madonia come una parentela acquisita, non abbastanza attendibile da far cominciare un’indagine direttamente su di lui.

GOZZO.- «Se parliamo di intervento dei servizi non c’è di strano soltanto la nota che viene fatta da Contrada e poi viene in qualche modo veicolata alla Procura di Caltanissetta sui Madonia… Però devo dire questo, richiamare un’inesistente parentela, perché è praticamente inesistente, stiamo parlando di un parente acquisito… Cioè fa ridere… Perché questo diceva la nota essenzialmente, molto probabilmente per far sì che Scarantino sembrasse più attendibile… E questa cosa avviene in un ambito strano… E cioè di contatti in cui i Servizi segreti non sono in seconda battuta, ma sono in prima battuta in rapporto con l’autorità giudiziaria… E’ la negazione di quello che normalmente è il lavoro di intelligence, e che rimane sempre dietro le quinte…».

Nella notte tra il 19 e il 20 luglio 1992, il numero tre del SISDE, Contrada, e il capocentro di Palermo, Ruggeri, si attivano dopo aver preso contatto con il procuratore di Caltanissetta, facendo sì che i servizi segreti assumano, di fatto, la guida delle indagini sulla strage di via D’Amelio. Il primo frutto di quella collaborazione è un appunto che verrà trasmesso alla Direzione di Roma del Sisde poche ore dopo la strage. Così riferisce Contrada davanti alla Corte di Assise di Caltanissetta.

TESTE B. CONTRADA – «… In quella occasione, e parlo della sera del 20 luglio, cioè 24 ore dopo la strage, io detti al Procuratore della Repubblica di Caltanissetta quelle che, a mio avviso, erano le direttrici di indagine, una delle direttrici di indagine, fondamentale. Gli dissi: «Guardi, signor Procuratore, ogni volta che a Palermo ci sono stragi con esplosivi, attentati dinamitardi, bombe, è interessata la famiglia Madonia». Questo è un appunto redatto dal colonnello Andrea Ruggeri… Capocentro del SISDE di Palermo a quella data. (…) Chiesi anche, perché pensavo che era una responsabilità che non volevo mia soltanto, …che il vicedirettore operativo del SISDE, Prefetto Fausto Gianni, con altri funzionari, il caporeparto operativo, il capo della divisione criminalità organizzata, il dottore De Biase, il dottore Sirleo, tre o quattro funzionari, credo il dottore De Sena, che era il capo dell’UCI, dell’Unità Centrale Informativa, venissero giù a Palermo e poi a Caltanissetta e tutti insieme venimmo qui a Caltanissetta ed avemmo un contatto con il Procuratore Capo e con i suoi Sostituti che lo collaboravano».

Perciò, di questa collaborazione tra i Servizi Segreti e la Procura di Caltanissetta vennero informati i più alti vertici delle forze dell’ordine a Roma, nonché quelli dei Servizi Segreti, e tutti diedero l’approvazione per questa collaborazione. Il Presidente della Commissione, Fava, constatato che le maggiori autorità dello Stato sapevano  e approvarono la collaborazione, si chiese se non lo sapesse anche il Governo, tantochè fece questa domanda al Dott. Grasso. 

FAVA, Presidente della Commissione.-«Ecco, sempre su questo passaggio sui servizi… il Ministro della Difesa e il Ministro dell’Interno potevano essere non informati del fatto che agenzie ed intelligence stessero avviando un’attività di collaborazione nella più importante inchiesta giudiziaria che era in corso in quel momento?»

GRASSO. «Potrebbe essere anche il Presidente del consiglio in persona, perché è una delega (quella ai servizi ndr), quindi sempre fanno riferimento alla Presidenza. Ma naturalmente, anche il capo della Polizia o il Comandante generale dei Carabinieri ricevono le informative del SISDE… Un rapporto corretto non può celare nulla al responsabile politico».