Carenza di camerieri: non è colpa del reddito di cittadinanza

A farla da padrone in questi giorni nell’ambiente gastronomico italiano è la questione della mancanza di manodopera nelle cucine di ristoranti e alberghi, ormai pronte a riaprire.

Si è sentito di tutto, da chi incolpa il reddito di cittadinanza che poco invoglia le persone a tornare a fare lavori considerati umili, a chi dice che il problema è endemico, chi ancora punta il dito sullo sfruttamento, perpetrato ai danni dei lavoratori e chi infine supporta ancora la tesi dei giovani italiani, che dopo essere stati chiamati choosy ora sono anche stati definiti neet (Not in Education, Employment or Training).

Va da sé che si possono scorgere immediatamente due visioni diverse. Una è quella degli imprenditori del settore, i quali si trovano in questa situazione in cui l’emergenza sanitaria pare essere sotto controllo, i divieti vanno via via a retrocedere e i luoghi della movida vengono nuovamente presi d’assalto. Mentre dall’altra ci sono i lavoratori, spesso giovani, che lamentano stipendi bassi e orari fuori misura.

Senza cadere in una visione semplicistica e anacronistica della faccenda, di sicuro una misura di welfare voluta da una precisa parte politica del nostro Paese ha acceso i toni. Parliamo ovviamente del reddito di cittadinanza, che ha, secondo i datori di lavoro, messo in crisi il mercato, ma che, dall’altro lato, ha posto in risalto un problema forte e chiaro: chi lavora come cameriere/facchino/aiuto cuoco o lavapiatti, preferisce percepire il Rdc, piuttosto che tornare a fare, questo va detto, orari che spesso sono fuori da quelli stipulati a contratto, nonché mestieri considerati umili e faticosi.

Ma quanto viene pagato un cameriere (stagionale) in Italia? Questa è la domanda da cui si parte, ma è anche quella a cui si fa più fatica a rispondere.

In un normale periodo (non certo in pandemia), nel nostro Paese i contratti più gettonati nel settore sono quelli a chiamata o part-time. Si tratta di  contratti che spesso hanno una richiesta media di circa 20/30 ore settimanali di lavoro (con previsioni di picchi lavorativi) e possono essere dovute in giorni specifici (contratto verticale) o in giorni e orari flessibili (contratto misto).

Premesso che esistono anche contratti a tempo indeterminato, i primi a cui si è fatto riferimento sono i più adottati, specie ora che abbiamo conosciuto i danni economici dei lockdown e ci stiamo riabituando a movimenti turistici post covid.

Facendo delle ricerche si apprende che il compenso medio di un cameriere stagionale in Italia si aggira intorno ai 700/800 € mensili, mentre per un cameriere con esperienza può anche superare i 1400€ mensili.

Ecco che se però fosse questa la cifra in questione o anche leggermente più bassa, nessun tirerebbe in ballo il Rdc, ma è proprio lo stipendio medio dei contratti stagionali che dovrebbe essere al centro della discussione.

Innanzitutto, da chi è rappresentata la maggioranza delle persone disposte a lavorare per queste cifre?

Senza voler essere troppo scontati, sono i giovani e gli studenti universitari, specie i fuori sede che devono mantenere i costi d’affitto e di vita, la dove non si possa o non si voglia gravare troppo sulle spalle dei genitori, poiché va ricordato che nel nostro Paese le rette degli atenei sono interamente a carico della famiglia, con esoneri spesso troppo poco efficaci.

Con la pandemia quindi gli studenti che erano usciti da casa sono rientrati tra le mura famigliari, dovendo studiare in D.A.D., mentre i giovani che prima erano occupati nel settore si sono trovati davanti a due scelte: cercare lavoro in un altro ambito, magari senza fine settimana lavorativi e più sicuro dal rischio dei lockdown, oppure percepire il Rdc e magari fare qualche ora in nero per arrotondare.

Si dovrebbe infatti riflettere sulla questione dello stipendio, commisurato alle ore, nonché, va anche ricordato che il 41% circa dei neolaureati, negli ultimi otto anni hanno deciso di scappare dal nostro paese, proprio perché trovatosi di fronte ad una frustrante decisione: continuare a lavorare per meno di 1000€ al mese oppure cercare fortuna altrove.

Questi due frangenti dovrebbero essere presi seriamente in considerazione, in quanto i giovani hanno prospettive e aspettative, rispetto ad una burocrazia che non li considera e che non facilita la parte delle imprese.