Canapa: la sua storia in Italia

In Italia il cuore della produzione specializzata della canapa era localizzato nelle province emiliano-romagnole orientali, Bologna e Ferrara in primo luogo. Anche il Veneto (soprattutto Padova e Rovigo) ha avuto in passato una importante produzione di fibra, destinata all’Arsenale di Venezia, come allo stesso tempo sia in Umbria che in Piemonte si trovavano delle coltivazioni.

L’Italia è stata per secoli il secondo produttore mondiale di canapa, notizie a riguardo si hanno già tra il 1400 e il 1500. La diffusione della coltura è accertata in età medievale sulle vallate del Frignano, ma già nel 1400 essa va ad occupare le terre di pianura del bolognese (San Giovanni in Persiceto e Cento). Dal centese, dopo che nel 1502 il suo territorio era entrato a far parte del Ducato di Ferrara, la coltivazione della canapa iniziò la sua marcia verso il ferrarese centrale, dove affiancava nel corso del Seicento la più tradizionale coltura del lino, coltivato nel ferrarese come materia tessile per gli abiti estivi del contadino e per utilizzazioni più raffinate. Il primo produttore di canapa a livello mondiale, invece, era l’Unione Sovietica.

In tutta la Penisola, ancora nel 1910, si coltivavano a canapa oltre 80mila ettari di terreni, oltre la metà dei quali in Emilia-Romagna. Assieme a Ferrara il maggior centro di produzione e lavorazione della canapa era Carmagnola, nel torinese, località che diede il nome anche ad una varietà particolarmente pregiata di canapa tessile che era ritenuta la migliore per qualità e resistenza delle sue fibre. Carmagnola fu non solo un rigoglioso centro di coltivazione, ma l’attività era fervente anche per quanto riguardava le fasi di lavorazione e commercio, che spingevano la sua pregiata canapa verso la Liguria ed il sud della Francia, in particolare Marsiglia. La coltivazione della canapa era diffusa anche in tutta l’Umbria, sia nelle zone di fondovalle che in alta montagna. In Valnerina, in particolare, la canapa veniva seminata lungo le sponde del fiume Nera in terreni denominati tuttora le canapine o in alta montagna, come ad esempio a Gavelli, a Monteleone di Spoleto, Castelluccio di Norcia. Per la lavorazione e trasformazione della canapa in fibra tessile ci si avvaleva dell’aiuto di canapari e dei funari, artigiani specializzati nella cardatura e pettinatura della canapa e, soprattutto, nella sua trasformazione in corde.

La canapa era considerata il maiale vegetale perché, come del maiale, non si buttava via nulla; infatti, la pianta della canapa veniva utilizzata nella sua interezza. Le radici impiegate per accendere il fuoco, il canapulo impregnato nello zolfo veniva tasformato in comodi fiammiferi, i semi costituivano parte integrante dell’alimentazione animale. La fibra, invece, era impiegata per la produzione di corde, indispensabili per le varie attività agricole, di reti da pesca, ma soprattutto per la realizzazione di tessuti per il confezionamento della biancheria per la casa, dei sacchi per farine e cereali, dell’abbigliamento dei vari componenti della famiglia.