Destra e sinistra in crisi: accordi improbabili in giro per l’Europa

È da qualche anno, ormai, che in Europa la classica distribuzione politica destra/sinistra è in crisi. Basti pensare alla situazione italiana, con il Movimento 5 stelle a rompere i ranghi, o a quella francese, con il partito socialista dell’ex Presidente Hollande ridotto al 5% e l’ascesa di Macron. In mezzo a dinamiche internazionali che cambiano in continuazione, alcune situazioni in Europa sembrano stabilizzarsi sotto accordi che fino a poco tempo fa sembravano molto improbabili.

La Germania continua a reggersi sugli accordi Cdu-Spd, i due maggiori partiti di centrodestra e centrosinistra: a gennaio 2018, dopo tre mesi e mezzo di trattative e al termine di un vertice di ben 21 ore, si è trovato l’accordo definitivo. Nella stesura del «Contratto di Governo», tipico della tradizione tedesca e che in questo caso consiste in un numero di 30 pagine, è entrato anche Csu, il partito cristiano democratico. I nodi principali su cui si è giunti a convergenza sono stati il tema migranti e quello delle tasse. Nelle primarie interne dell’Spd poi, a fine 2018, ha prevalso l’ala sinistra del partito: per ora l’appoggio al Governo rimane confermato.

Guardandoci in casa, invece, il cosiddetto Contratto di Governo tra Lega e Movimento, nato dopo quasi tre mesi dalle elezioni, contava 48 pagine. Ma, forse perché mai provato prima o perché troppo fumoso sui temi caldi, ha avuto vita breve, poco più di un anno. Nel nuovo Governo invece, con l’accelerata di settembre, non ci sono stati particolari accordi se non quello di evitare l’aumento dell’IVA: si parla ora di un cronoprogramma da stabilire entro gennaio e che dovrebbe durare per il resto della legislatura. Riguarderà riforma Irpef, salario minimo, legge elettorale e, forse, Ius Culturae.

Stando vicini ai confini italiani, arriviamo a uno dei più recenti patti: in Austria, dopo il naufragio dell’accordo tra popolari (OVP) e ultradestra (FPO), sotto i colpi degli scandali sui finanziamenti russi e il conseguente ritorno alle elezioni, è nato un contratto tra popolari e verdi. Una settimana fa è stato chiuso l’accordo, confermato dal 97% degli iscritti dei Grüne. Decisivi la tassa green sui voli e gli investimenti nel rinnovabile, che non vantano invece appoggio da altri leader di destra (Trump, Bolsonaro e lo stesso Salvini). Il giovane Kurz rimane quindi il leader del Governo, che dovrà applicare la bellezza di 326 pagine di contratto, da cui peraltro è scomparsa la proposta di doppio passaporto per i sudtirolesi.

Estendendo invece lo sguardo, passiamo alla Gran Bretagna, con le recenti elezioni che hanno incoronato Johnson Re della Brexit. Anche lì l’equilibrio sembrava rotto dal Brexit Party di Nigel Farage, che alle Europee 2019 aveva raccolto oltre il 30% dei consensi; con l’ascesa delle posizione più radicali di Boris Johnson e l’abdicazione della May, però, il tema più discusso degli ultimi 3 anni è tornato cavallo di battaglia dei Tories, relegando lo stesso Farage, che ormai aveva deciso di mollare la presa, sotto l’1%. Dunque maggioranza solida ai conservatori e situazione stabilizzata, seppur con la spina del fianco del Partito Nazionale Scozzese.

Teniamo per ultima la situazione spagnola, l’ultima risolta. Da ieri l’accordo tra Sanchez, Podemos e gli indipendentisti di ERC è cosa fatta, con l’astensione degli ultimi che garantirebbe un Governo di minoranza. Viste le vicende giudiziarie che coinvolgono molti esponenti catalani, però, la tenuta è precaria: la maggioranza galleggia su soli due voti e basta qualche contrario in più per veder naufragare anche questo ennesimo tentativo di dare un Governo agli iberici.

In Francia sarà invece interessante vedere come si organizzeranno i partiti per le elezioni del 2021, vista la popolarità di Macron in caduta libera dopo la nuova proposta di riforma delle pensioni. Certo, il sistema a doppio turno con premio di maggioranza rende le maggioranze più solide, ma la politica recente ci ricorda che, in due anni, può accadere di tutto.