Elezioni: chi ha reagito meglio alle batoste fra PD e M5S?

Dopo la catastrofe del 4 marzo, il Partito Democratico non sembra ancora essere uscito dallo stato comatoso e onirico in cui ormai galleggia senza meta. Alla tardiva presidenza del partito si presentano Giachetti, dalla buona parlantina, ma renzianissimo e quindi per definizione perdente; Zingaretti, che non risponde ad una domanda chiaramente nemmeno se lo paghi (guardare l’intervista a Dì Martedì) e che nel Lazio è un disastro atomico (guardare la gestione dei rifiuti), Martina, col carisma di Don Abbondio. Niente cambiamenti di struttura, di programmi non si sente parlare neanche a pagarli, ma tutti sono d’accordo su una cosa: i grillini sono incompetenti per definizione cosmica, è una regola universale e un dogma ipnopedico dei fan (spesso è esagerato parlare di elettori).

Anche nel caso del M5S si può spesso parlare di fan e non di elettori; questo si può vedere facendosi un giro sui social sulle loro pagine fan o ufficiali dove schiere di depensanti plaudono per qualsiasi cosa accada, dal salvataggio di Salvini dal processo, alle elezioni in Abruzzo e Sardegna dove addirittura c’è chi osa sostenere che sono andate bene perché, nel caso della Sardegna si passava dallo 0% del 2014 al circa 11% di ora. Se è vero che la stampa specializzata commette un abominio in termini di disonestà intellettuale e prettamente statistici parlando di tracollo sulla base di elezioni regionali paragonate alle nazionali, è anche vero che chi nega la disfatta non ci sta con la testa o quantomeno è indottrinato per bene. C’è però una differenza sostanziale fra le reazioni ai vertici dei due partiti: se da un lato si cambia il leader per non cambiare nulla (questo perché i parlamentari sono tutti espressione del Renzismo e quindi fedelissimi al cabarettista di Rignano), dall’altro lato non si prendono alla leggera le seppur piccole e statisticamente irrilevanti elezioni regionali e si pensa ad un rinnovamento interno per essere più forti sui territori e formare una classe dirigente preparata togliendo o cambiando il limite dei due mandati.

Scrive Di Maio in un post su Facebook: «Dopo la Sicilia, dopo il Molise, dopo l’Abruzzo. Se non siamo riusciti a conquistarne una con persone che hanno dato l’anima nel territorio per anni e che hanno fatto l’impossibile, è chiaro che ci sono alcuni problemi di fondo. Che come MoVimento dobbiamo affrontare. Che io come capo politico del MoVimento 5 Stelle intendo affrontare. È necessario arrivare sempre alle amministrative con un percorso che preveda un lavoro sul territorio fatto di incontri con categorie, mondo del sociale, con gli amministratori. Non improvvisando come a volte accade. Questo vuol dire pure che dove non siamo pronti dobbiamo smetterla di presentarci. Mi ha colpito il fatto che in alcune regioni in questi anni siamo rimasti nella nostra zona di comfort, evitando di incontrare categorie importanti come ad esempio quelle dell’imprenditoria e del volontariato. È ora di farlo.
Pensate a come abbiamo affrontato le politiche. Apertura a nuovi mondi con gli uninominali e la squadra di governo portandoci dentro tante competenze, coinvolgendo persone del mondo accademico, scientifico, delle forze dell’ordine, dell’imprenditoria e incontrando quotidianamente un’impresa per ascoltare i problemi veri delle persone. Anche le elezioni amministrative vanno affrontate con strategia e rigore.
Ed è per questo che nelle prossime settimane presenterò agli iscritti del MoVimento delle proposte da sottoporre a consultazioni online. Dobbiamo affrontare il tema dell’organizzazione nazionale e locale, dobbiamo aprire ai mondi con cui sui territori non abbiamo mai parlato a partire dalle imprese, dobbiamo decidere se guardare alle liste civiche radicate sul territorio. Questo processo non si concluderà dall’oggi al domani. Richiederà mesi e richiederà impegno da parte di tutto il MoVimento per poi arrivare alla formulazione di proposte da votare su Rousseau. Abbiamo anche da migliorare la presenza del Governo e dei parlamentari sul territorio, di questo parleremo alla prossima assemblea dei parlamentari che si terrà lunedì sera».

Una reazione chiara e concreta a soli tre giorni dalla batosta in Abruzzo, mentre il PD ancora dorme nel vuoto cosmico. Un’apertura alle liste civiche radicate sul territorio, un’apertura alla società civile che è stata strategia vincente alle nazionali del 4 marzo.
Poi la sconfitta in Sardegna dove addirittura si vuole rivedere la regola dei due mandati sui territori per provare a formare una classe dirigente, cosa che potrebbe causare qualche mal di pancia alla base dura e pura ma che forse è necessaria per formare una classe dirigente competente e conosciuta.
Insomma ecco le differenze: se, da una parte, c’è chi sta a dormire da quasi un anno e forse addirittura dal post referendum del 4 dicembre 2016, dall’altra c’è chi reagisce istantaneamente alle difficoltà del suo partito.
 La cosa comica è che i primi chiamano incompetenti i secondi.