I contenitori del dissenso

Dopo la caduta della gloriosa Prima Repubblica, il sistema politico italiano si strutturò nel bipolarismo, dando luogo a un’alternanza tra centrosinistra e centrodestra. Tale processo, partito con le Politiche 1994, ebbe continuità fino alle Politiche 2013, dove esordì in Parlamento il Movimento 5 Stelle.

Il bipolarismo si mostrava instabile da tempo e alcuni fattori accelerarono il mutamento: da una parte il berlusconismo fu colpito dalla famosa lettera Draghi-Trichet, contenente un insieme di riforme strutturali da somministrare al sistema Italia; dall’altra, il Partito Democratico si impantanò sulla scelta suicida di appoggiare il governo tecnico di Mario Monti, incaricato di attuare la medesima agenda ricevuta dal governo Berlusconi IV.

Nella frana di sistema Grillo vide l’opportunità di anticipare i tempi: con una capillare campagna elettorale ribattezzata «Tsunami Tour», i 5 Stelle sfondarono il 25% dei consensi, frantumando il bipolarismo della Seconda Repubblica. Ciò che l’allora giovane Movimento 5 Stelle infranse, ora ha ricomposto, posizionandosi dentro una riverniciata cornice bipolare contenente 3/4 del Conte-bis.

Dalla rapidissima ricostruzione storica, emergerebbe limpida una funzione del Movimento 5 Stelle nel quadro politico italiano dell’ultimo decennio: disperdere il dissenso emerso nei confronti del bipolarismo della Seconda Repubblica. Il fattore dirimente non è tanto la capacità di assorbire il dissenso, ma l’incapacità di proporre un modello alternativo sulla spinta di quel dissenso. Su questa chiave, a distanza di 8 anni dalle politiche 2013, possiamo sentenziare il ruolo storico-politico ricoperto dal Movimento 5 Stelle come contenitore del dissenso.

Il contenitore del dissenso è un archetipo fondamentale dentro un sistema politico neoliberale, funzionale e talvolta imprescindibile per conservare gli equilibri di potere in essere nei momenti di tensione. Al lettore il compito, in base alla propria analisi, di considerare l’interpretazione del ruolo dell’attore come cosciente o incosciente. Già, perché nello storytelling politico la funzione potrebbe essere interpretata anche all’insaputa del soggetto stesso, posta la sua incapacità di convogliare la forza del dissenso raccolto nella costruzione di una nuova egemonia culturale.

Tuttavia, questo ruolo non è stato interpretato esclusivamente dal Movimento 5 Stelle. A mente fredda si potrebbe attribuire all’intera maggioranza del Conte I la funzione di contenitore del dissenso. La Lega, all’interno di una stagione politica cominciata con le Europee 2014 e conclusasi con la votazione della fiducia al governo Draghi (interpretazione volontariamente estensiva), ha assorbito un’altra parte di elettorato fortemente critico nei confronti della costruzione europea, per poi riposizionarsi alle origini con una rotazione a 180° del messaggio comunicativo-politico.

Il mondo non finisce nel 2023 e il Partito Unico Liberale regala, suo malgrado, una prateria sterminata. Chi scrive – sbattendoci pesantemente la faccia – ha maturato la ferma convinzione che ai contenitori che sventolano nomi, funzionali al sistema, si debbano opporre partiti che lavorino per una proposta incentrata sulla sovranità. Sovranità, intesa come potere dei popoli di autodeterminarsi democraticamente, nel rispetto delle differenze esistenti. In due parole: sovranità internazionalista.

Tutta l’analisi fin qui svolta è finalizzata al proporre ai lettori una domanda: «Chi interpreterà, in vista delle Politiche 2023, il ruolo di contenitore del dissenso.

La discussione è aperta, ben sapendo che il dissenso porta dritti verso la critica ai dogmi liberali insiti nella costruzione europea e, per questo motivo, il contenitore si posizionerà in sostituzione del Movimento 5 Stelle – divenuto «Moderato e liberale», cit. Luigi Di Maioe della Lega della fu «Strategggia».