Il quadro politico britannico dopo la tornata elettorale

Si sono svolte giovedì le elezioni nel Regno Unito, che hanno visto il rinnovo di 143 consigli comunali e dei parlamenti di Scozia e Galles, oltre alla nuova assemblea londinese. Dopo l’ultima sconfitta dei laburisti alle elezioni per il parlamento inglese, con le polemiche su Corbyn e le accuse di antisemitismo, si pensava la nomina di Starmer potesse rivitalizzare un partito che  si è trovato schiacciato dallo strapotere di Johnson, spinto dal successo della campagna vaccinale, oltre che dalle lotte interne.

Così, per il momento, non è stato: la leadership di Starmer ha portato il partito verso posizioni più centriste rispetto a quelle di Corbyn, che venivano giudicate più estremiste. Dai primi risultati, la componente dell’elettorato labour che ha votato a favore della Brexit, che corrisponde a quella residente nelle zone periferiche, non ha gradito questa svolta centrista: nel caso di alcuni comuni, come ad Hartlepool, i laburisti hanno perso per la prima volta in assoluto dal 1974, quando è stato costituito il collegio elettorale. I candidati conservatori Mortimer e Bethell hanno accolto con gioia il successo in questo paese inglese, che si trova vicino alla costa del Mare del Nord, dichiarando che i cittadini ne hanno avuto abbastanza dei laburisti, che è tempo di cambiare e che si sta aprendo una nuova era politica.

Uno dei primi a esprimersi su questa tornata elettorale è stato Boris Johnson, che ha dichiato: «Siamo agli inizi, ma finora sono stati ottenuti risultati molto incoraggianti e penso che sia davvero perché come governo ci siamo concentrati sulle nostre priorità, le priorità delle persone, riprendendoci dalla pandemia il più velocemente possibile e superandola.
e facendo riprendere l’economia in modo molto, molto forte». Non arrivano invece molti commenti da parte dei labour: a esprimersi sono per lo più attivisti della base, che chiedono un cambio di rotta alla leadership, che secondo loro deve dimostrare agli elettori di occuparsi di temi cari all’elettorato e, più in generale, a tutti i cittadini. Luke Akehurst, membro del Cominato Esecutivo Nazionale del Labour Party e molto vicino a Starmer, ha affermato che il problema non è Starmer ma il partito stesso che, nonostante i cambi di leadership, non riesce a rinnovarsi, rimanendo fossisilizzato su dibattiti che non interessano ai cittadini.

Un altro fattore che ha contribuito alla disfatta del partito storico di sinistra è l’avanzata, seppur contenuta, dei libdem, che hanno guadagnato qualche seggio. Ciò si nota, ad esempio, nel consiglio metropolitano di Sunderland: a fronte di una trentina di seggi in totale, nel 2016 ai conservatori erano andati due seggi, mentre ai libdem uno soltanto. Quest’anno, invece, ben otto sono andati al partito di Johnson e cinque ai libdem. Per cui possiamo notare che, anche nelle città dove, nel complesso, i laburisti riescono a mantenere la maggioranza, si nota qualche difficoltà nella tenuta del partito.

Ci sono poi altri partiti, meno popolari, che son riusciti a portare qualche consigliere in più rispetto a quelli che avevano precedentemente: è il caso dei Greens (Verdi) e del nuovo partito di destra anti lockdown, Reform, che entra per la prima volta nei consigli. Non c’è spazio invece per Ukip che, avendo raggiunto l’obiettivo della Brexit, non attrae più l’elettorato. Non ci sono state sorprese, invece, a Londra, con l’ampiamente prevista conferma del sindaco laburista Sadiq Khan; per la composizione dei parlamenti di Galles e Scozia, infine, bisognerà aspettare la fine del weekend.