Le mafie nella pandemia: i dati della DIA

Il documento pubblicato dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) riguardo le dinamiche criminali nel primo semestre 2020 descrive un quadro preoccupante.

L’emergenza Covid-19, che ha caratterizzato tutto il semestre, ha avuto un notevole impatto sociale, sanitario nonché economico. Ogni situazione di crisi viene sfruttata dalle organizzazioni criminali, lungo tutto lo stivale, per la ricerca di nuovo consenso, proponendosi come welfare parallelo offrendo forme di assistenzialismo a privati e imprese in difficoltà.

Nel quartiere Zen di Palermo, ad esempio, il fratello di un noto boss ha distribuito, durante il lockdown, generi alimentari alle famiglie in difficoltà, anticipando lo Stato nelle prestazioni assistenziali. Ciò sottolinea come sia necessario che lo Stato intervenga sempre in maniera celere con aiuti economici alle fasce più colpite, proprio per evitare questo fenomeno di Stato parallelo, che abbondando di liquidità, a tempi notevolmente minori, spinga i cittadini a richiedere anche piccole somme, per poi ritrovarsi nella manovalanza criminale.

Nella tabella del Ministero dell’Interno si evince che, durante la pandemia Covid-19, a fronte di un netto calo di alcuni reati quali scambio politico elettorale, tentato omicidio di tipo mafioso e rapine, reati come spaccio di stupefacenti, contrabbando, induzione indebita a dare o promettere utilità e frode nelle pubbliche forniture, siano invece aumentati. I primi due reati sono quelli che più sottolineano come la pandemia non abbia interrotto i rapporti tra le cosche ed il territorio, ma anzi abbiano creato legami di controllo ancora più forti. Gli altri due reati invece sottolineano come il sistema di approvvigionamento di dispositivi di protezione, nonché i soldi messi a disposizione per la ripresa, siano stati colpiti ed inquinati.

LA ‘NDRANGHETA

La ‘Ndrangheta ha dato prova di grande duttilità durante il periodo di crisi, riuscendo a modificare il proprio paniere di investimenti per massimizzare i profitti. Il Procuratore Capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, afferma che «gli ‘ndranghetisti si presenteranno, come sempre, come benefattori, come gente che aiuta chi ha bisogno, dando ai disperati 30 euro al giorno per un lavoro in nero, e questi si sentiranno, sul piano psicologico, ancora più prostrati e ancora più riconoscenti verso chi gli darà questi 30 euro (…) la dipendenza psicologica dei poveri verso di loro aumenterà ancora di più, quindi poi sarà ancora più facile alle prossime elezioni rappresentare il modello più convincente quando ci sarà da andare a rastrellare i pacchetti di voti. Il rischio più concreto e reale è l’usura. Gli imprenditori avranno difficoltà, hanno bisogno di liquidità, di soldi veri in mano. Noi da sempre sappiamo che il problema dell’élite della ‘ndrangheta è quello di giustificare la ricchezza, non di arricchirsi e quindi presteranno soldi a usura anche a interessi bassi per invogliare, incentivare i commercianti a rivolgersi agli usurai ‘ndranghetisti, che sono quelli che sostanzialmente hanno bisogno di meno garanzie per il pagamento. Chi si rivolge a questo tipo di usurai sa perfettamente con chi sta trattando. Il pericolo, quindi, è che ancora di più altre attività imprenditoriali, alberghi, ristoranti, pizzerie, passini di mano a prestanome della ‘ndrangheta…». 

Nella relazione si legge anche come numerose personalità abbiano avvertito della possibilità che le mafie intercettino i soldi dell’Unione Europea . La gestione dei fondi europei, per la loro entità, saranno una grande occasione di arricchimento per la criminalità che cercherà di accaparrarsi il maggior quantitativo possibile di fondi. Pericolo molto reale per organizzazioni come la ‘Ndrangheta capace di intrecciare legami diretti con qualsiasi tipo di interlocutore: politici, esponenti delle istituzioni, imprenditori, professionisti. Anche in questo caso lo Stato ha un grande onere nella supervisione e nella gestione delle risorse, fondamentali per una ripresa del Paese, che se inquinati potrebbero non sortire gli effetti sperati. Non solo, a preoccupare è anche la possibilità di un esacerbamento degli animi, in grado di amplificare le ansie di approvvigionamento di capitali.

LA MAFIA SICILIANA

Nonostante la mafia siciliana sia stata colpita negli ultimi anni, provocando una presunta ridotta capacità militare, si denota un intento di restituire compattezza all’organizzazione criminale attraverso le sue articolazioni territoriali, che, saldamente ancorate alle tradizionali usanze e regole, sono ancora capaci di incidere sul controllo delle attività economiche nel territorio. Cosa nostra siciliana, privata degli uomini d’onore di spicco, si è trovata costretta a
rinnovare i propri schemi decisionali orientandosi verso la ricerca di una maggiore interazione tra le varie articolazioni provinciali. La quasi totalità dei mafiosi che hanno scontato una lunga pena detentiva, ricominciano a pieno ritmo la loro attività nell’ambito dell’associazione mafiosa, il giorno stesso della scarcerazione, pur avendo il concreto sospetto di essere oggetto di nuove indagini.

Il contesto della pandemia, anche in questo caso ha portato ad un fenomeno di welfare mafioso di prossimità, utilizzato per risollevare l’organizzazione aumentando la manovalanza di cui avevano bisogno. Il fenomeno mafioso, in continua evoluzione si presenta come un sistema i cui componenti hanno acquisito la consapevolezza che azioni di eclatante violenza costituiscono l’extrema ratio, ragion per cui vanno sostituite, finché possibile, con forme più subdole di intimidazione e corruzione.

Anche nel semestre in esame, il contrasto alle organizzazioni criminali si è inoltre concretizzato nell’emissione di numerosi provvedimenti interdittivi a carico di società nel campo edile e dello smaltimento dei rifiuti. Con riferimento a quest’ultimo settore si sottolinea come la gestione del ciclo dei rifiuti rappresenti terreno fertile di interferenza, soprattutto su raccolta e smaltimento.

I risultati delle indagini mostrano come, da una parte l’organizzazione avverta il bisogno di tornare al rispetto delle tradizioni, dall’altra continuare con l’evoluzione orizzontale. Le numerose scarcerazioni previste nel breve periodo potrebbero ulteriormente rimodulare gli equilibri mafiosi ed ispirare scelte strategiche. Pur non potendo escludersi
momenti di possibile scontro, anche violento, è verosimile che fra le articolazioni mafiose prevalga l’interesse a mantenere una situazione di calma apparente, per la realizzazione degli obiettivi, soprattutto in vista dell’arrivo dei fondi.

LA CAMORRA

Il fenomeno mafioso è caratterizzato da equilibri in continua trasformazione in ragione di un tessuto criminale eterogeneo e complesso.  La coesistenza nella stessa zona di gruppi criminali diversi dà spesso vita a imprevedibili quanto fragili alleanze per il controllo delle aree di influenza. Ne conseguono equilibri instabili che vedono le leadership di alcuni clan in perenne conflitto.

Le ingenti risorse economiche, di cui la camorra dispone, anche in questo caso hanno dato luogo ad un welfare porta a porta parallelo a quello statale. Il Procuratore Capo di Napoli, Giovanni Melillo, ha sottolineato
la necessità di un’accelerazione nei controlli e l’importanza di un efficace piano per controllare i flussi dei finanziamenti, il rischio potrebbe essere rappresentato dall’acquisizione di risorse da parte di imprese che non ne hanno reale necessità o addirittura di aziende criminali. Proprio per questo si suggerisce la creazione di un codice rosso sul modello di quello in vigore per i reati di violenza domestica e di genere, che imponga per le segnalazioni di operazioni sospette una priorità nell’avvio delle indagini e degli, eventuali, conseguenti processi.

LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA PUGLIESE

La criminalità pugliese ha sin da subito sviluppato la spiccata vocazione affaristico-imprenditoriale mutuata dalla camorra e dalla ’ndrangheta nelle quali affonda le proprie radici. Le mafie pugliesi, che si suddividono tra mafie foggiane, camorra barese e Sacra corona unita, risultano ormai in grande crescita.
Il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Cafiero De Raho, afferma che: «Oramai da qualche anno si ha la consapevolezza che esiste una quarta mafia, una mafia forte, sanguinaria, arrogante, una mafia che crede di poter combattere con lo Stato».

Si conferma ancora una volta come la criminalità organizzata pugliese, sfruttando i canali di approvvigionamento nazionali ed esteri, restando consolidati i rapporti con le consorterie criminali albanesi che rappresentano un importante canale di rifornimento di marijuana, eroina e droghe sintetiche di provenienza asiatica e cocaina importata in Albania dai narcos colombiani. La Puglia costituisce «la principale base logistica delle organizzazioni criminali albanesi per smerciare sostanze stupefacenti in tutto il territorio italiano».

Oggi in Puglia i maggiori rischi di infiltrazione criminale potrebbero riguardare il settore sanitario, nella produzione e distribuzione di dispositivi medici, nello smaltimento di rifiuti speciali o nella sanificazione ambientale, oltre che quelli del turismo e della ristorazione in crisi di liquidità per il prolungato blocco delle attività,

LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA LUCANA

Si conferma la presenza di organizzazioni connotate sia da una tradizionale impostazione gerarchica, con gruppi armati pronti a usare la violenza per mantenere il controllo del territorio, sia di mafie imprenditorialmente più evolute dedite all’infiltrazione nell’economia legale ed al riciclaggio.

Seppure non frequenti, vi sono stati alcuni episodi conflittuali, indicativi delle tensioni in atto, causati dalla frammentarietà delle organizzazioni e soprattutto all’assenza di un vertice condiviso. La vicinanza territoriale alla Calabria, Puglia e Campania, fanno della regione lucana un importante punto d’incontro con organizzazioni
criminali extraregionali, nazionali ed estere, specie per gli interessi legati al narcotraffico, ma anche per il contrabbando. Continuano, in particolare, le vessazioni ai danni degli operatori della filiera agricola, vittime di continui furti di mezzi, strumenti e carburante, verosimilmente finalizzati all’attuazione di attività estorsive (cd. cavallo di ritorno), insieme gli atti intimidatori ai danni di rappresentanti delle Istituzioni e delle Amministrazioni pubbliche realizzati anche attraverso l’esplosione di ordigni artigianali.

Il quadro riassuntivo, come detto inizialmente, non è dei migliori. Lo Stato, anche attraverso il nuovo Governo, dovrà obbligatoriamente mettere il tema del contrasto delle mafie al primo posto, altrimenti neanche mille miliardi dell’Unione Europea potranno risollevare il nostro Paese dalla crisi se andranno ad alimentare le tasche, già piene, delle mafie.

In ultimo, si invita la lettura completa della relazione semestrale della Dia, che presenta la situazione dettagliata di ogni territorio.