Presidente Verna, si schieri nella questione Feltri-Camilleri

                                    Roma, 24 giugno 2019

Gentile presidente dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Verna,

chi le scrive è un collega praticante alla Scuola Superiore di Giornalismo «Massimo Baldini» della LUISS di Roma. Un collega praticante sconcertato dall’ennesima boutade del direttore editoriale di Libero Vittorio Feltri, che in un editoriale del 19 giugno scorso scriveva «l’unica consolazione per la sua (di Andrea Camilleri, ndr) eventuale dipartita è che finalmente non vedremo più in televisione Montalbano, un terrone che ci ha rotto i coglioni almeno quanto suo fratello Zingaretti, segretario del Partito democratico, il peggiore del mondo». Concetto che Feltri ha ribadito ai Lunatici su RadioDue: «Mi consolerò pensando che Montalbano non mi romperà più i coglioni. Basta, mi ha stancato».

Ecco, gentile Presidente, le parole del direttore editoriale di Libero arrivano dopo anni di titoli di apertura e affermazioni a dir poco discutibili. Le faccio qualche esempio: «Renzi e Boschi non scopano. Gli altri dem invece lo fanno» (15 maggio 2017), «Patata bollente» (22 novembre 2018), «Comandano i terroni» (11 gennaio 2019), «C’è poco da stare allegri. Calano fatturato e Pil ma aumentano i gay» (23 gennaio 2019), «Più patate, meno mimose» (8 marzo 2019), «Bergoglio in Vaticano: “Vieni avanti Gretina” (Greta Thunberg, ndr). La Rompiballe va dal Papa» (18 aprile 2019).

A questi titoli si aggiungono le esternazioni di Feltri in altri contesti. Altri due esempi: «Non credo in Dio figuriamoci se credo in Asia Argento. Una che per arte limona coi cani può fare di tutto per la carriera e io a una così non la leccherei» (Le Iene, 22 ottobre 2017), Qual è il ruolo principale della donna in casa? «Quello di non rompere i coglioni, possibilmente» (La Zanzara, 12 aprile 2018).

Gentile presidente Verna, lo vede il paradosso? Nelle scuole di giornalismo ci riempiamo quotidianamente la bocca di paroloni come deontologia o etica del mestiere, poi guardiamo fuori dalle nostre aule e vediamo che il «collega» Vittorio Feltri fa quotidianamente quello che gli pare ed è ancora lì a dirigere editorialmente un quotidiano nazionale.

Sono il primo che più volte si è schierato a favore dell’assoluta libertà di espressione, che è anche libertà di dire sciocchezze, ma questa volta il discorso è molto diverso. Il signor Feltri non è solo un libero cittadino che ha il sacrosanto diritto di esprimere il suo pensiero, per quanto discutibile esso sia. Stiamo parlando di un uomo che condivide con me, con lei e con altre migliaia di colleghi dalla specchiata professionalità l’iscrizione a un albo che dovrebbe darci sì diritti ma anche doveri.

Nei titoli di Libero sopracitati non c’è nessun accenno di notizia, nessun riferimento fattuale. Il Testo Unico dei doveri del giornalista impone all’iscritto di rispettare «il prestigio e il decoro dell’Ordine e delle sue istituzioni». Secondo lei nelle aperture e nelle affermazioni che ho riportato qui sopra, il giornalista Vittorio Feltri rispetta il «decoro» della professione? Secondo me no.

Ho letto la sua risposta, gentile presidente, a Sandro Ruotolo e Paolo Borrometi che – di fronte all’editoriale di Feltri su Andrea Camilleri – hanno manifestato la loro intenzione di autosospendersi dall’Ordine. L’autosospensione, ha ragione lei, è un istituto che non esiste, ma può essere un atto simbolico significativo, di fronte a colleghi che rendono ancor più fragile una categoria che ha già (spesso  a ragione) perso di credibilità negli ultimi anni. Non è questione di «rituale procedimento disciplinare», bensì di una presa di posizione pubblica e netta da parte della categoria che lei rappresenta. Soprattutto perché siamo sempre pronti (giustamente) a schierarci con i colleghi vittime di minacce o di violenze, ma con la stessa prontezza e la stessa energia dobbiamo stigmatizzare comportamenti che sviliscono ulteriormente il nostro ruolo e la nostra immagine di fronte all’opinione pubblica.

Cordiali saluti