Referendum costituzionale: il taglio dei parlamentari e il gioco delle parti

Dopo aver posto le basi fondamentali a sostegno del NO al taglio dei parlamentari, è interessante approfondire le posizioni dei principali partiti eletti in Parlamento, così da prendere le misure alle schermaglie d’avvicinamento all’appuntamento referendario del 20 e 21 settembre.

Il punto fondamentale da cui partire è il seguente: negli ultimi decenni, il tentativo di ridurre il numero dei parlamentari è stato portato avanti in maniera trasversale, ma si è sempre infranto sul muro eretto dagli elettori in difesa della Costituzione. Molto spesso, questo risultato è stato raggiunto anche sulla base di un gioco delle parti, in cui le opposizioni di turno hanno giocato il ruolo dei difensori ultimi della Carta Costituzionale. Quest’opera di disturbo è andata a buon fine perché il più delle volte nella contesa referendaria non entra esclusivamente il contenuto della riforma, ma filtrano elementi di contesa politica tali da poter destabilizzare o far cadere i governi in carica. Questa è la chiave per comprendere il perché il taglio sia ricercato insistentemente, senza però essere ancora giunto a compimento.

L’idea fondante del referendum dovrebbe essere focalizzata sulla riforma in oggetto e non sui giochi politici di contorno, perché solo basandosi sul questo focus si può ragionare sui pro e sui contro dell’eventuale cambiamento. Questo tentativo, avanzato dal Movimento 5 Stelle sulla base del loro mantra politico della lotta alla cosiddetta casta, ha trovato l’appoggio trasversale, tanto da essere votato in ultima lettura da tutti i partiti principali: M5s, Lega, PD, FI, IV, FDI, LEU. Un clamoroso NO al referendum sarebbe uno schiaffo esagerato ai rappresentanti parlamentari che, in definitiva, dimostrerebbero di non rappresentare proprio nessun elettore. Chi pagherebbe il conto più salato sarebbe il M5S, che si gioca tantissimo.

Eppure, c’è da sottolineare, scansando i già considerati giochi d’opposizione, che tutti i partiti – eccetto il Movimento 5 stelle, che non aveva ancora esperienze di governo – si sono dimostrati coerenti con ciò che stanno cercando di perseguire da anni. Il Movimento 5 Stelle, che tanto aveva lottato per disinnescare il taglio dei parlamentari inserito nella corposa riforma costituzionale del governo Renzi, ha di fatto tradito la lotta che portò alla vittoria del NO il 4 dicembre 2016.

Il Partito Democratico, per fare un esempio, da altrettanto incoerente urlatore nelle prime letture della riforma – durante il governo gialloverde – ha ripreso l’abito di chi ha più volte cercato di inseguire questo risultato, votando in ultima lettura e appoggiando il SI’. Il riferimento non è tanto alla riforma Renzi, ma a un disegno di legge costituzionale depositato nel lontano 2008, prima firma Zanda, che proponeva una riforma esclusivamente basata su un taglio secco a 400 deputati e 200 senatori, proprio come la riforma in gioco attualmente! Fa simpatia leggere Zanda appoggiare il NO, affermando che il:«Taglio secco dei parlamentari è sbagliato».

Coerente è la posizione dei partiti di centrodestra – almeno quella di facciata – che hanno più volte spinto per ottenere, durante i loro governi di coalizione, questo risultato. Renzi ha assunto con Italia Viva una posizione terza, di chi non vuole ufficialmente parteggiare per nessuna delle due soluzioni, svuotando il peso specifico del tentativo di riforma.

In definitiva, il centro di questo ragionamento sta sul voler far comprendere che l’arco parlamentare giochi sempre sul filo di una meschina recita quando si parla di taglio dei parlamentari, assumendo posizioni differenziate sulla base del loro essere maggioranza o opposizione in un determinato momento storico. In quest’occasione, il cambio di governo tra i diversi passaggi d’approvazione ha ingabbiato il classico spartito che negli anni portò alla bocciatura del taglio. Con un minimo d’attenzione, possiamo ritrovare lo spartito di sempre, questa volta da destra, in forma decisamente depotenziata rispetto al passato: l’annunciato NO di Giorgetti e la dichiarazione di Salvini in primis, ruolo di chi gioca su una posizione win-win.

Per opporsi vittoriosamente, questa volta, occorrerà uno sforzo davvero trasversale, che parta dagli elettori delusi del M5S, passi per chi vicino al PD ha storto non poco il naso, fino ad arrivare agli elettori di centrodestra anche in ottica anti-governativa. E poi, ultimi ma non ultimi, quell’oceano di cittadini legati alla Costituzione ma totalmente estranei ai partiti eletti nell’emiciclo e responsabili di questo ennesimo tentativo.