Referendum propositivo M5S: simbolo di pressapochismo

La fine delle festività natalizie e l’inizio di una nuova settimana portano ad un punto importante dell’attività governativa: la discussione di riforma costituzionale targata Movimento 5 Stelle che mira ad introdurre un referendum propositivo incentrato sul modello svizzero.

Proposta lodevole e sensata, che nasce dalla sempre verde voglia dei 5 stelle di dare maggior risalto alle opinioni dell’elettorato tramite strumenti di democrazia diretta, l’idea si sviluppa attorno a più punti cruciali tra i quali l’assenza di un quorum e la necessaria modifica del testo Costituzionale.
Come spesso accade con le idee grilline, però, mentre la superficie appare splendente agli occhi degli osservatori poco accorti, altrettanto non si può dire se ci si mette a ragionare sul contenuto.
Viene da domandarsi, infatti, come potrebbe essere utile ad un paese già sommerso da tonnellate di burocrazia una idea di riforma che si propone di dare risalto alle opinioni di chiunque voglia decidere di scrivere una proposta di legge, anche il più minuscolo gruppo di cittadini.

Su questo fronte, sia le opposizioni che gli alleati di governo leghisti, sono concordi nell’inserire emendamenti al disegno di legge del M5S.
Salvini intervistato in merito ha infatti dichiarato: «Coinvolgere i cittadini è fondamentale.
La Svizzera è un modello però un minimo di quorum dobbiamo metterlo altrimenti qua si alzano in dieci la mattina e decidono cosa fare».

Oltre all’opinione del leghista sono arrivate numerose altre critiche all’idea, tra le quali quella della Presidente del Senato Elisabetta Casellati per la quale «la proposta di un referendum senza quorum potrebbe mettere in dubbio il futuro della stessa democrazia rappresentativa».
Anche da area Dem non si sono fatte attendere le perplessità con il deputato Ceccanti (tra i più aspri sostenitori dell’introduzione di un quorum che ribadisce
«è certo avventuristico non prevedere un quorum minimo».
Ceccanti si dimostra poi critico anche circa l’ipotesi di consentire il referendum anche su leggi di spesa o in materia penale «un conto è integrare una democrazia rappresentativa e un altro è scardinarla. In ogni caso non presentiamo nessun emendamento ostruzionistico e siamo pronti a votare qualsiasi quorum decente».

Insomma, ancora una volta, il Movimento 5 Stelle è riuscito a compattare le opposizioni e i suoi stessi alleati, dimostrando che oltre alle buone idee, occorre anche la competenza nel realizzarle, una attitudine che oggi i grillini non parrebbero avere.
Ma non è la prima volta che il M5S si trincera dietro proposte roboanti che all’occorrenza parrebbero rivoluzionarie, ma che al netto di successive analisi paiono poi cantonate pazzesche.
Era già successo qualche mese fa con la proposta di revisione dell’istituto della prescrizione portata avanti dal Ministro della Giustizia Bonafede, con la quale si voleva appunto eliminare la prescrizione dopo il primo grado di giudizio.
Come è noto, in Italia, il numero di processi terminati in una prescrizione (alcuni davvero clamorosi, se non addirittura vergognosi) è elevato, così come è altissimo il numero di avvocati difensori che basano la propria strategia sulla lentezza dei procedimenti e la possibilità concreta prescrivere il reato o l’illecito del proprio assistito.

Tuttavia, siamo veramente certi che eliminare l’istituto (sia pure con le riserve del caso) possa rappresentare una soluzione?
Parrebbe piuttosto che questo potrebbe portare all’inevitabile allungarsi delle tempistiche processuali trascinandole avanti anche all’infinito, minando così fortemente la garanzia di qualunque cittadino di vedersi giudicato in un ragionevole lasso di tempo.
Non solo, si arriverebbe addirittura alla revisione dello Stato di Diritto stesso, una opzione semplicemente inaccettabile.

Ecco perchè, così come quella sopracitata, anche la proposta di referendum propositivo parrebbe presa più di pancia che di intelletto, una ulteriore mossa sbagliata del Movimento 5 Stelle portata avanti nel disperato tentativo di non essere definitivamente fagocitato dalla Lega salvinista.