Sarà un’educazione civica al passo coi tempi, ma con dei rischi

La si chiedeva a gran voce da anni. Anche chi vi scrive aveva dedicato un articolo alla necessità di ripristinare l’insegnamento dell’educazione civica a scuola, suggerendo di abolire l’ora di religione (lasciando l’esclusiva al catechismo), per dare spazio a questa materia.
Ora l’appello è stato colto, senza sacrificare lo studio del Cristianesimo e delle altre fedi, anche se, qualcosa, per forza di cose, verrà ridimensionato, perché l’orario complessivo non è stato ampliato.
Finalmente, i ragazzi italiani, per trentatré ore nel corso dell’anno scolastico, prenderanno obbligatoriamente parte a lezioni che dovranno mirare a formare cittadini responsabili e consapevoli del loro ruolo nella società. Perciò, verranno toccate le seguenti tematiche:
Costituzione italiana; istituzioni nazionali, dell’Unione europea e degli organismi internazionali; storia della bandiera e dell’inno nazionale; Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile; educazione alla cittadinanza digitale; elementi fondamentali di diritto, con particolare riferimento al diritto del lavoro; educazione ambientale, sviluppo eco-sostenibile e tutela del patrimonio ambientale, delle identità, delle produzioni e delle eccellenze territoriali e agroalimentari; educazione alla legalità; educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni.
Insomma, si tratta di prendere confidenza col mondo giuridico, anche se, da quel che si deduce, non sarà un vero e proprio apprendimento del diritto, ma si avrà un taglio più blando, probabilmente un’infarinatura di concetti complessi. Non a caso, gli argomenti succitati verranno integrati anche dal’educazione stradale, l’educazione alla salute e al benessere, l’educazione al volontariato e alla cittadinanza attiva.

Ma quella prevista dalla legge appena approvata in via definitiva è un’educazione civica che possiamo definire 2.0. Il MIUR, questa volta, sembra stare al passo coi tempi. Così, nel mondo sempre più connesso a Internet, la scuola intende adeguarsi e fornire ai giovani strumenti per muoversi nel contesto informatico in modo consapevole e sicuro.
Nel testo normativo sono contenuti gli obiettivi, in termini di abilità, che si devono porre i docenti, tra i quali: analizzare, confrontare e valutare criticamente la credibilità e l’affidabilità delle fonti di dati, informazioni e contenuti digitali; conoscere le norme comportamentali da osservare nell’ambito dell’utilizzo delle tecnologie digitali e dell’interazione in ambienti digitali; adattare le strategie di comunicazione al pubblico specifico ed essere consapevoli della diversità culturale e generazionale negli ambienti digitali.

Si evince che lo scopo è condurre i ragazzi verso il contrasto alla cattiva informazione, alla diffusione delle bufale sul web (non che la carta stampata ne sia esente!), ma anche ostacolare l’odio in cui troppo spesso ci si imbatte navigando, specialmente sui social network che i più giovani frequentano tanto assiduamente. Quindi, anche la cosiddetta netiquette dovrebbe trovare spazio tra i banchi scolastici.
Lo si capisce, inoltre, dall’istituzione della Consulta dei diritti e dei doveri dell’adolescente digitale, la quale agisce in coordinamento con il Tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo.

Almeno tre rischi si potrebbero riscontrare. Il primo, riguardante la vastità degli argomenti e delle varie sfumature che dovranno essere affrontate. Forse non tutto potrà essere illustrato, qualcosa dovrà essere accantonato o appena accennato. Il secondo concerne la formazione degli insegnanti: sono adeguatamente istruiti? Il dubbio sorge in relazione, soprattutto, a chi non possiede un titolo di laurea giuridico. In ultimo, alcuni temi potrebbero essere passibili di parzialità ed essere presentati conditi da opinioni. La speranza è che ci si attenga il più possibile ai testi delle norme e non si romanzi.