Diego Fusaro, come avere successo senza dire nulla

Diego Fusaro, professione filosofo, ha fatto della sua laurea un’autorizzazione per emettere miscellanee di luoghi comuni, attacchi indiscriminati e qualche raro picco di cultura. Considerato un enfant prodige della disciplina, il quasi trentaseienne Fusaro insegna all’«Istituto Alti Studi Strategici e Politici» di Milano e si considera un «allievo indipendente di Hegel e di Marx», un «intellettuale dissidente e non allineato» ed è «al di là di destra e sinistra».
Attacca la maternità surrogata definendola «orrenda», ce l’ha con l’Unione Europea, crede nella nazionalizzazione di Alitalia, sfotte i «pittoreschi cultori del mito immigrazionista», strizza l’occhio a una certa tradizione chiamando Marx «Carlo» e non «Karl», parla di qualunque argomento sia presente nel Creato: dagli attentati terroristici agli agnelli pasquali (che la sinistra proteggerebbe al posto di tutelare i lavoratori), dall’economia alla globalizzazione, dai giornalisti di Charlie Hebdo («utili idioti servi del potere») a Zygmunt Bauman.
Diego Fusaro, lo abbiamo visto, si definisce «intellettuale» ma al contempo, citando Bauman, spiega che gli intellettuali «sono decaduti in quanto da legislatori sociali e critici irriducibili sono diventati meri oratores, semplici mandarini e cani da guardia del potere», evidentemente ponendo se stesso come unica eccezione, a meno di perversi masochismi. Fusaro crede nella religione accademica tutta italiana del «meno ti capiscono più sei bravo», e lo fa utilizzando termini che conoscono forse in due o tre addetti ai lavori: sue le espressioni «omelia ditirambica», «chiave ermeneutica onnicomprensiva», «moto onnidirezionale, nello spazio globale del mercato unificato e completamente deregolamentato», «postmodernizzazione delle coscienze» e via discorrendo.
Fusaro è il Frankenstein della filosofia occidentale: è unione di opposti apparentemente inconciliabili come la lotta contro il potere del capitale (declinata in varie forme, alcune delle quali a dir poco forzate) da una parte e un nazionalismo spiccio dall’altra. Sua la «pillola filosofica» che recita: «Mentre gli sciocchi fanno gli anticomunisti in assenza di comunismo e gli antifascisti in assenza di fascismo, vince la finanza». Una sorta di Povia più erudito e dotto. Diego Fusaro è una sorta di reazionario socialista, brandisce un pensiero ibrido fatto essenzialmente di retorica: un minestrone pieno di ingredienti presi da ambienti diversissimi e difficilmente conciliabili. La lotta al capitalismo, tanto per fare un esempio, in qualche modo viene conciliata con un’assidua presenza in televisione.
«Ciò che c’è non è tutto. Il futuro è nostro»: una frase che parrebbe provenire da un romanzo di Fabio Volo è invece il motto di Fusaro. Le sue «pillole filosofiche» sono disponibili, sotto forma di immagine, sul suo sito web personale; ve ne proponiamo una qui a lato.
Diego Fusaro c’è o ci fa? Non sappiamo se la sua sia un’ottima campagna di promozione di se stesso oppure le reali convinzioni di un filosofo alquanto confuso. Su Facebook è presente anche il gruppo «Diego Fusaro, il filosofo che dice la verità», la cui descrizione è «Gruppo dedicato al giovane filosofo che con molta preparazione espande verità e informazione pura».
Se tra molti addetti ai lavori viene stimato tanto quanto un sasso, il nostro ha grande successo presso il pubblico non-studioso di filosofia: le sue frasi a effetto vengono condivise sui social network (sui quali Fusaro è presente, nonostante il suo odio verso il capitale) e viene lodato per la sua opera divulgativa.
Il senso del pensiero fusariano rimane per chi scrive un mistero, ma forse è proprio qui il fascino che questo giovanotto dagli occhi azzurri, che esibisce come non avrebbero fatto Hegel e Marx – suoi maestri – se fossero vissuti nel 2017, riesce ad avere sulle masse: l’horror vacui