De La Boétie ci raccontava come ci assoggettiamo ai tiranni

Chi vi scrive ha affrontato una lettura che si è rivelata davvero molto interessante: Discorso della servitù volontaria, del filosofo francese De La Boétie. Di seguito, porteremo all’attenzione alcuni punti che sono risultati rivoluzionari nella concezione della problematica sociale, nel rapporto esistente tra il tiranno e suoi sudditi.

De La Boétie compie una netta inversione rispetto alla concezione presente sulla problematica della schiavitù volontaria nella sua epoca. Da colpa del tiranno oppressore, si passa a compartecipazione degli oppressi alla loro stessa oppressione, come se questa dinamica crei un legame inscindibile di sicurezza.

Egli ci fa semplicemente notare che esiste una volontà degli strati oppressi della società a farsi piegare da un tiranno, in quanto se solo gli oppressi volessero rovesciare il tiranno e recuperare ciò che più conta nella loro vita, ovvero la libertà, potrebbero farlo senza l’utilizzo della violenza. Secondo De La Boétie, basterebbe una reale presa di coscienza popolare sulla problematica del recupero delle libertà individuali e collettive, per non seguire più i dicktat imposti dall’alto da un tiranno che, in realtà crea la sua forza imponente semplicemente tramite la sudditanza di un popolo incapace di una presa reale di coscienza.

De La Boétie ci fa comprendere come sia incomprensibile una paura che crea sudditanza se a subirla non è una singola persona o un piccolo gruppetto di persone, ma villaggi interi, città, Stati, nei confronti di un singolo uomo.

Su quest’incapacità, il tiranno costruisce il suo sistema d’oppressione, talvolta con alcuni stratagemmi che non impongono violenza o privazioni, ma attraverso la distrazione di massa: eventi vari di divertimento, atti ad impegnare l’intelletto degli oppressi su aspetti del tutto secondari rispetto al problema della sudditanza al suo controllo.

Un’altra modalità fondamentale di controllo esercitata dall’oppressore, di fonda sulla voglia degli oppressi di crearsi, seppur all’interno di un sistema d’oppressione e tirannia, una sorta di condizione privilegiata di schiavitù. Tramite questa scelta, il tiranno riesce a crearsi dei supporti popolari alla sua condizione privilegiata.

Un passaggio decisamente interessante è dato dalla constatazione del filosofo sulla capacità di alcuni illuminati che, di fronte allo sfruttamento e all’oppressione subita dalla propria nazione, riescono a creare intorno a loro un movimento imponente, atto a una generale presa di coscienza della popolazione oppressa. Questi pochi casi, secondo De La Boétie, se mossi da un’intenzione buona e integra, riescono alla fine a raggiungere il loro scopo di liberazione, in quanto la lotta per la liberazione riesce a farsi largo da sé per farsi riconoscere tra gli oppressi.

Questo illuminante saggio di De La Boétie, pubblicato clandestinamente a partire dal 1576, possiamo trasportarlo ancora per comprendere le dinamiche attuali. Di fatto, egli è riuscito a comprendere le dinamiche più avanzate della pubblicità e della propaganda, che muove le folle alla ricerca di effimere soddisfazioni di bisogni del tutto costruiti ad arte dall’oppressore, che nulla hanno a che fare con il vero bisogno primario umano: la libertà.

Una lettura di questo tipo è assolutamente necessaria, per fare un salto ulteriore nella comprensione delle dinamiche relative alla perdita di sovranità che ci accompagna storicamente dal Fascismo in poi.

Tramite il Fascismo si ebbe la perdita di sovranità popolare avvenuta attraverso la trasformazione del nostro sistema istituzionale da democratico ad autoritario e, successivamente, dopo la liberazione dal nazifascismo, alcuni fatti ben conosciuti, ci hanno mostrato una non completa possibilità di accedere a scelte sui nostri interessi come Stato. Possiamo citare la morte di Mattei e Moro come avvisaglie nette di questa dinamica, che poi è di fatto peggiorata nel tempo con un controllo non solo sulle scelte politiche interne, ma sulle dinamiche economiche in cui ci siamo fatti imbrigliare tramite il “Divorzio 1981” tra Ministero del Tesoro e Banca d’Italia, Maastricht, l’Euro e gli ultimi trattati europei (Lisbona, MES, Fiscal Compact, Dublino III).