Codice degli Appalti: Italia VS Unione Europea

Negli ultimi giorni sta tenendo banco in politica la questione relativa alla bozza del Decreto Semplificazioni, il quale prevederebbe:

l’abolizione del limite del 40% per i lavori in subappalto;

la reintroduzione del prezzo a «massimo ribasso» nelle gare d’appalto;

l’aggiudicazione diretta per i lavori fino a 150.00€;

una procedura negoziata senza bando per i lavori da 150.000€ a 1 milione di euro.

L’abolizione del limite del 40% per i lavori in subappalto non è nata tra le file della politica italiana, ma è una decisione presa da essa solo in seguito alla procedura d’infrazione n. 2018/2273 emessa dalla Commissione Europea nei confronti dello Stato Italiano. Con questa procedura d’infrazione la Commissione Europea dichiara che l’Italia non ha rispettato le direttive europee relative alle concessioni (direttiva 2014/23), agli appalti pubblici nei settori ordinari (direttiva 2014/24) e agli appalti pubblici nei settori speciali(direttiva 2014/25). Queste le parole della Commissione: «Ove non intervenissero ulteriori modifiche legislative ritenute idonee a rendere l’ordinamento nazionale conforme a quello europeo, la Commissione europea potrebbe presentare il ricorso innanzi alla Corte di giustizia dell’UE, al fine di far accertare l’inadempimento da parte dell’Italia degli obblighi previsti dal diritto unionale e, in definitiva, di far emettere una condanna ad una sanzione pecuniaria». La procedura d’infrazione ha riguardato il D.Legislativo n. 50/2016 il quale prevedeva un limite del 30% per i lavori in subappalto. 

Con il decreto legge 32/2019, il cosidetto «Sblocca Cantieri», il Governo italiano aveva predisposto quindi, su invito della Commissione Europea, un ulteriore 10% per i lavori in subappalto fino al 30 giugno 2021 (dunque temporaneo), arrivando al famoso 40%, il quale però per la Commissione Europea non era abbastanza. Successivamente all’entrata in vigore del Decreto Sblocca Cantieri, la Commissione ha dichiarato che il provvedimento «non sarebbe sufficiente a rendere l’ordinamento nazionale conforme a quello europeo, sia perché si tratta di una modifica solo temporanea, sia perché un limite al subappalto del 40%, pur essendo meno restrittivo, è comunque incompatibile con la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea». Con l’entrata in vigore del nuovo Decreto Semplificazioni la proroga al Codice degli Appalti sarebbe fino al 2026.

In seguito si è espressa anche la Corte di Giustizia Europea, la quale ha dichiarato che il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo che può giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del TFUE che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti, ma una restrizione come quella di cui trattasi nel procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo.

Lo stesso Presidente del Consiglio Mario Draghi, a riguardo di tale misura, ha dichiarato: «I cambiamenti saranno molto importanti, sollecitati dalla Commissione. Profondi. Mi aspetto una diversità di vedute. Si tratterà di trovare un punto di incontro senza che venga snaturato l’obiettivo principale di questo sforzo, la costruzione di un’Italia più equa, competitiva, capace di aumentare la produzione sostenibile e l’occupazione. Insomma, l’Italia che vediamo nel Pnrr».

Se da una parte la Commissione Europea di pronuncia a favore dell’innalzamento della percentuale per il subappalto nei lavori pubblici oltre il 40%, all’interno dello Stato italiano molti sono gli schieramenti che si innalzano contro questa decisione. A partire dagli stessi partiti di maggioranza possiamo trovare esponenti del PD, quale la ex Ministro De Micheli dichiarare: «Il Pd non può consentire il ritorno del massimo ribasso negli appalti, perché in quelle pieghe si inseriscono le mafie». Il MoVimento 5 Stelle in un commento del 25 Maggio fa sapere: «No al massimo ribasso, No ad ogni infiltrazione criminale. La soluzione per una veloce riapertura dei cantieri non è di certo il criterio del ‘massimo ribasso’ che si è già dimostrato inefficace e dannoso. Con il criterio del massimo ribasso nell’aggiudicazione degli appalti pubblici abbiamo visto le cose peggiori: infiltrazioni criminali ed episodi di corruzione e concussione, scarsa qualità dei lavori, sfruttamento della manodopera, un susseguirsi di varianti che puntualmente faceva lievitare i costi.»

Anche il Segretario della CGIL Landini ha dichiarato: «Lo ribadisco, siamo contrari al fatto che si vada alla liberalizzazione del subappalto e alla logica delle gare al massimo ribasso. Se ci sono queste due cose per noi non sono accettabili. Si arriva anche alla mobilitazione generale».

Infine, a prendere una posizione sulla questione è stata anche Libera, che attraverso un comunicato sostiene: «Illudersi di velocizzare le procedure per questa via è una strategia miope e rischiosa, che apre la strada ad una liberalizzazione di fatto potenzialmente criminogena delle gare d’appalto, un vero e proprio “liberi tutti” per mafie e corruzione. Proprio in questa fase cruciale di rilancio degli investimenti pubblici, con l’attuazione dei progetti inseriti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, gli strumenti di contrasto e prevenzione di mafie e corruzione vanno rafforzati e resi più efficienti, non aggirati e indeboliti. Il generico richiamo all’applicazione di presunti principi di semplificazione e velocizzazione nasconde in realtà la sostanziale e pericolosa deregolazione e liberalizzazione del sistema-appalti. È un segnale sbagliato perché un’applicazione mirata delle complesse disposizioni del codice degli appalti potrebbe rappresentare una salvaguardia di fondamentali principi di correttezza, concorrenza ed efficienza nella gestione delle risorse e per una buona realizzazione delle opere pubbliche». 

È possibile perciò constatare come nel settore delle costruzioni, in particolare nella modifica del codice degli appalti, la maggioranza parlamentare (PD e M5S), quindi espressione del popolo, e anche associazioni riconosciute a livello internazionale, siano contrarie alle regole imposte dalla Commissione Europea.

Qui puoi leggere per intero il comunicato di Libera.