Adinolfi, anche questa #Croce sulle spalle

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Siamo riusciti solo oggi (20 gennaio), dopo una settimana dal primo numero, a reperire a Padova una copia de La Croce, quotidiano contro i falsi miti di progresso, giornale diretto da Mario Adinolfi. Prima di commentare nello specifico la testata, vorremmo farvi conoscere il direttore, personaggio sconosciuto ai più. Mario Adinolfi, classe 1971, ex Dc, ex Ppi, ex Democrazia diretta e tante altre cose, diventa deputato nelle fila del Pd nel 2012 dopo le dimissioni di Pietro Tidei, eletto sindaco di Civitavecchia. Nel suo passato da giornalista figura anche una rubrica quotidiana su Europa, organo del Partito Democratico. Più che per essere un buon pokerista, Adinolfi è balzato alle cronache negli ultimi anni per alcune sue affermazioni «poco politically-correct», per usare un eufemismo. Ne citiamo qualcuna: il 5 ottobre 2013 twitta, riferendosi agli abitanti della Terra dei Fuochi, «Si sono fatti devastare tacendo dalla camorra che ha interrato per anni rifiuti tossici, ora fanno le manifestazioni. Che popolo di merda»; su Facebook, invece, dopo aver definito Alfonso Signorini «frocetto», definisce le persone transessuali «moderni ircocervi (animali mitologici metà cervi e metà caproni, nda), uomini con finte tette di silicone che fanno solo tristezza». Nel marzo dell’anno scorso pubblica Voglio la mamma, libro in cui contesta i «falsi miti di progresso» come il matrimonio fra persone dello stesso sesso, l’eutanasia, l’aborto e l’utero in affitto.
Ed è proprio da
Voglio la mamma che muove La Croce: con l’opera del suo direttore condivide anche lo scopo, ossia andare contro «i falsi miti di progresso». Il quotidiano, che si presenta come una voce indubbiamente filocattolica, è il niente più assoluto: prendendo come esempio l’edizione di oggi, su 8 pagine – tolta la prima e la pagina sportiva che chiude il giornale – troviamo due pagine sul discusso convegno sulla famiglia tenutosi nei giorni scorsi a Milano e organizzato proprio dall’associazione Voglio la mamma, un lunghissimo (e incomprensibile) articolo su Gramsci e Papini, mezza pagina dedicata a Papa Francesco e altre simili amenità. Sorvolando sui numerosissimi refusi, ci chiediamo come potrà sopravvivere un quotidiano del genere: non essendoci nemmeno un articolo di cronaca, La Croce non può «rubare» lettori a nessuno. In questi momenti di crisi, chi spende 1,50 euro per otto pagine di commento, sapendo che ne dovrà spendere altrettanti per informarsi sulla politica, sull’economia e sull’attualità?
Già il logo in prima pagina è tutto un programma:
«La Croce» sembra essere scritto con il sangue. Poi gli hashtag nei titoli: inutili e fastidiosi alla vista. Un vero strazio.
Noi siamo per la libertà di espressione e quindi ci auguriamo che
La Croce riesca a farsi strada nel campo minato dell’informazione cartacea. Però, dobbiamo dirlo, le premesse non sono certo delle più incoraggianti.

Mario Adinolfi - LaPresse
Mario Adinolfi – LaPresse


Concludiamo (o quasi) commentando l’editoriale di Adinolfi intitolato «L’attacco al Papa e ai cattolici»: in prima pagina il Direttore spiega che al suddetto incontro sulla famiglia si è parlato «di famiglia, della fatica che mamme e papà fanno ad arrivare alla fine del mese, di diritti dei bambini, di nascituri e anziani da proteggere dalla
cultura della morte (corsivo mio, nda) di chi vuole farci credere che aborto e eutanasia siano miti di progresso». A parte il fatto che, nell’orizzonte liberale (e laico) in cui chi scrive vorrebbe vivere, ognuno è libero di fare della propria vita quel che ritiene giusto – lecita ne è quindi l’interruzione – e la religione dovrebbe essere un fatto squisitamente privato, l’impressione è che Adinolfi voglia riempirsi la bocca di paroloni sortendo l’effetto di divenire incomprensibile.
Volendo discutere – non criticare – le tematiche affrontate nell’edizione di oggi de
La Croce, ci sentiamo di dissentire da quasi ogni argomentazione del Direttore: la lotta al laicismo di cui si fa portavoce è un qualcosa di anacronistico; l’accusa alla «mortifera cultura di falso liberalismo» ha un sapore quasi medievale (anche se il liberalismo propriamente detto ancora non esisteva); vi evitiamo le altre splendide trovate di Adinolfi&Co.: basta andare su lacrocequotidiano.it per trovarle. Piccola annotazione: nella vita da cattolico d.o.c. del Direttore ci sembra che stoni il divorzio e il secondo matrimonio, celebrato a Las Vegas e durante il quale lo sposo indossava cappello Panamá, una polo e delle scarpe da ginnastica.
Lasciateci dire qualche parola ancora per parlare della pubblicità a piè della prima pagina: «Difendiamo il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. Stiamo vivendo un’emergenza educativa: nelle scuole si vuole persino imporre la
pericolosa ideologia del gender». L’ideologia del gender torna anche nell’apertura del giornale («Il #gender è come la dittatura»), il problema è che il titolo non fa riferimento ad alcun articolo all’interno. Attendiamo spiegazioni.
Ci rattrista demolire così un giornale appena nato, però saremmo anche stufi di queste
vere ideologie di regresso.

Tito G. Borsa