Alatri: la banalità del male e della violenza

La scorsa settimana un ventenne di nome Emanuele Morganti, conosciuto dagli amici come Lele, stava trascorrendo una serata presso un locale ad Alatri, Frosinone. Mai avrebbe immaginato che la sua vita sarebbe terminata proprio quella notte, fuori dalla discoteca, pestato a sangue da un gruppo di persone che, con una violenza e una ferocia inaudita, lo hanno picchiato fino a ucciderlo. Chi dice sia stata colpa di un drink, chi di un malinteso, ma non è stata ancora fatta luce sul motivo reale che ha scatenato la rissa fatale.
Il numero di persone iscritte nel registro degli indagati cresce, mentre è stato celebrato il funerale del ragazzo. Inutile snocciolare le dinamiche della vicenda, la nazionalità di coloro che hanno contribuito con calci e pugni a segnare di sangue quella tragica notte, chi ha fatto cosa.
L’unico interrogativo che resta aperto è: perché Emanuele è stato letteralmente ucciso di botte? Qualunque sia stata la ragione che è poi sfociata in un omicidio, ciò che più sciocca è la gravità di un atto tanto barbaro e animalesco. Era necessario risolvere la questione con la violenza?
Quello che cantava De Andrè, «dal letame nascono i fiori», è ormai un’utopia tramontata: dalle angherie e da tanto degrado non si poteva giungere altro che a un atto così deplorevole. Significative e toccanti sono state le parole del vescovo nella chiesa di Maria SS. Regina di Tecchiena Castello, dove è stato celebrato il funerale del ragazzo: «Nessuna tolleranza verso la violenza, scegliere la non violenza come stile di vita e amare di più la vita».
Scegliere volontariamente di togliere la vita a un ragazzo, così giovane, apparentemente senza alcun motivo, scegliendo per lui una fine così raccapricciante e mostruosa è sinonimo di una personalità irrispettosa della vita altrui e propria.
C’è un vero e proprio gap di empatia, rispetto, lacune abissali di valori mancati.
Male che genera altro male: da dove proviene tutta questa violenza, che sentiamo propagare e impregnare di sangue le cronache quotidiane? Molto dipende dal tam tam pubblicitario e mediatico che ci martella giornalmente, che plasma giovani menti, molte delle quali crescono letteralmente sotto l’influsso sistematico di notizie di soprusi, angherie e brutalità. Una volta entrati nell’ottica delle idee che i metodi coercitivi di forza bruta siano quelli più adatti a imporre le proprie idee e volontà ad altri, che in qualche modo la giustizia riesca a venire insabbiata e scavallata e che nessuno espia mai davvero le sue colpe, riuscendo in qualche modo a scampare i provvedimenti giuridici, come scappare? In che modo uscire da questa sorta di circolo vizioso se questi sono i valori che permeano la società presente e, spaventoso a pensarlo, futura?