Caso Cucchi: chi denuncia viene demansionato?

In pochi riescono ad associare un volto a questi nome e cognome: Riccardo Casamassima. Eppure, costui sta giocando un ruolo decisivo nella vicenda giudiziaria relativa alla morte di Stefano Cucchi, avvenuta, com’è noto, il 22 ottobre 2009. Infatti, questo Appuntato Scelto dell’Arma dei Carabinieri si è dimostrato fondamentale per la riapertura dell’inchiesta sul decesso del giovane, rivelando conversazioni captate sul luogo di lavoro nelle ore dell’arresto di Cucchi. Il primo risultato di questa collaborazione con gli inquirenti è stata la sospensione dal servizio di tre carabinieri il 24 febbraio 2017, seguita dal rinvio a giudizio di cinque militari il 10 luglio dello stesso anno.

Il 9 maggio 2018 il carabiniere ha rilasciato un’intervista a ilfattoquotidiano.it, facendo trapelare non poca preoccupazione per la sua posizione di testimone: «Le pressioni non mancano e io non mi sento tutelato. Su Cucchi tutte le più alte cariche dello Stato hanno detto: chi sa deve parlare. Noi abbiamo parlato (non è l’unico che si è esposto ndr), ma siamo diventati carne da macello». Infatti, c’è un aspetto sconvolgente ancora non fatto presente: come se non bastasse la difficoltà di deporre a sfavore di membri dello stesso corpo armato, si è aggiunta la circostanza che Casamassima è obbligato a lavorare a stretto contatto con uno dei colleghi finito sotto processo proprio conseguentemente alle sue esternazioni. È chiaro che la condizione in oggetto potrebbe non essere frutto del caso, ma un evidente tentativo di influenzare la sua testimonianza di fronte al Giudice; di certo, comunque, non facilita il suo compito, anzi.

Tuttavia, questo trattamento potrebbe essere assimilato a una carezza affettuosa rispetto a ciò che l’Appuntato sta per subire. L’annuncio arriva tramite il suo profilo Facebook qualche giorno fa ed è raccapricciante: «Quello che sta succedendo in queste ore è veramente assurdo. Ieri, quando ho finito il mio turno, sono stato chiamato in ufficio, dove ho trovato una scrivania apparecchiata con notifiche di procedimenti disciplinari e il mio trasferimento. Vi assicuro che è una punizione travestita da trasferimento. Sarò demansionato, non potrò più stare per strada. Sarò ancora più lontano da casa, perderò anche dal lato economico. Questo per aver denunciato e per aver confermato in Aula i fatti sulla morte di Stefano Cucchi. In che paese viviamo? Spero e ho fiducia nell’intervento del nuovo comandante generale Nistri. Il Ministro della Difesa Trenta intervenga». Inoltre, egli si appella ai giornalisti Giovanni Tizian, Nello Trocchia, Flavia Filippi, il direttore Enrico Mentana, Carlo Bonini affinché facciano conoscere all’opinione pubblica queste circostanze e al nuovo Presidente del Consiglio Conte perché «il cambiamento di un paese comincia anche da questo».
Infine, Casamassima invita tutti a raggiungerlo martedì mattina (19 giugno) alla caserma Salvo d’Acquisto dove gli notificheranno ufficialmente questo trasferimento: «Non lasciatemi solo, tutto questo è assurdo».

Se farlo lavorare insieme a un collega contro cui aveva puntato il dito poteva apparire meschino, la volontà di punizione qui, stando al giudizio del militare, sembra davvero manifesta, pur se camuffata da promozione: meno rischi se non si sta più sul campo, no? Ma Casamassima non l’ha richiesto, gode di buona salute e, per quanto ne sappiamo, è ancora efficacemente operativo. In più, dovrà allontanarsi da casa e questo gli cagionerà anche un danno economico: insomma, è palese che non stia facendo carriera, ma arretrando. C’è di più: questo provvedimento parrebbe avere una portata di carattere esemplare. Infatti, Casamassima sarà destinato alla scuola allievi e lui pensa di conoscerne il motivo: «Così tutti i giovani carabinieri comprenderanno bene cosa succede se denunci».

Se le sensazioni di questo onesto servitore dello Stato fossero confermate, così come si è portati a credere da una prima analisi, ci troveremmo di fronte a una gravissima repressione istituzionalizzata della verità, che metterebbe in risalto una fetida omertà che scorre tra chi sarebbe chiamato, invece, a garantirci sicurezza e giustizia. È proprio il caso che chi di competenza faccia sentire il proprio appoggio a quest’uomo di grande coraggio e ne scongiuri il non giustificato demansionamento che gli è stato crudelmente prospettato.