Centrodestra: grandi manovre nel breve termine

Gli occhi di queste elezioni regionali erano quasi unicamente puntati sul centrodestra che, forte dei sondaggi, si diceva pronto a governare Puglia e Toscana, dando le Marche per cosa fatta. Evidentemente qualcosa è andato storto: la campagna del PD anti-destra ha avuto l’effetto desiderato, con un importante voto disgiunto e, infine, i candidati di centrosinistra l’hanno spuntata. Nel quadro complessivo, viste le aspettive ne esce rinforzato solo il PD; prevale la delusione nel centrodestra, mentre i cinque stelle, nonostante la conferma della riforma Costituzionale, sono lacerati al loro interno.

Per nascondere la delusione, gli esponenti leghisti, nei commenti post elezione, si dicono già proiettati verso le comunali dell’anno prossimo. Eppure, osservando le mosse delle varie anime all’interno del partito, si nota un malumore diffuso, con una rivalità che cresce anche tra i partiti della coalizione di centrodestra. Il primo ad esporsi, immediatamente dopo le prime proiezioni, è stato Lorenzo Fontana, deputato veneto ed ex Ministro per la Famiglia e le disabilità, che chiede un rinnovamento della classe dirigente del Sud. È stato poi il turno di chi ha ottenuto un ottimo risultato direttamente con la sua lista, surclassando quella leghista, cioè Zaia: commentando i risultati ha velatamente criticato il modus operandi di Salvini, dicendo «il nostro successo è frutto di lavoro, non di richieste di favori o di selfie». Il neo confermato Presidente del Veneto continua comunque a negare di avere nel mirino ruoli nazionali, dicendosi parte integrante della squadra leghista. Notiamo comunque una curiosità: nel martedì post elezioni, Salvini ha indetto una conferenza stampa allo stesso orario in cui ne aveva già indetta una Zaia, quasi a voler oscurare i riflettori che si sono accesi su di lui.

Una critica che arriva da fuori, ma piuttosto importante, è quella di Toti, a capo di «Cambiamo!». Anche lui forte della riconferma in Liguria, con un aumento importante di consensi rispetto a cinque anni fa (da 34% a 56%) esprime delle perplessità, tramite un’intervista di ieri al Corriere, sul fatto che Salvini possa essere un collante per far vincere il centrodestra: secondo lui alcune posizioni troppo estremiste fanno paura all’elettorato moderato che preferisce, appunto, cedere alle sirene anti Lega e virare verso altri lidi. Per questo propone che la coalizione di centrodestra scelga un’unica guida che sia un punto d’incontro dei tre partiti principali, eliminando la logica del «chi prenderà più voti, avrà la Presidenza del Consiglio».

A lui risponde indirettamente Salvini, intervistato sempre ieri da Repubblica. Il leader leghista si dice convintamente a capo della coalizione, citando l’aumento dei consiglieri regionali in quota Lega (da 46 a 70) e facendo un ragionamento simile a Toti, riferito però alle comunali del prossimo anno. Per risultare insidiosi, in particolare a Milano ma anche a Torino e Roma, dice che serviranno persone della società civile vicine al centrodestra, in particolare imprenditori, da scegliere entro la fine dell’autunno.

Notiamo quindi grandi manovre nel breve termine, i cui risultati saranno importanti da prendere in considerazione per impostare la campagna elettorale che riguarderà le prossime elezioni politiche: tra frizioni interne e la crescita di FdI, la storia è ancora tutta da scrivere.