Danni del maltempo: quanto influisce la negligenza?

Acqua alta record a Venezia, scuole chiuse a Roma e Napoli, ma anche in molte altre città e regioni, a causa di raffiche di vento e nubifragi che allagano le città. Sempre più spesso si verificano questi eventi che mettono in ginocchio le amministrazioni e potremmo dire che, ormai, il fenomeno viene gestito solo ed esclusivamente in maniera emergenziale. Non ci si pone neanche più il problema delle cause: semplicemente gli  avvenimenti vengono affrontati, a livello di cronaca, come «emergenza maltempo». Gli ultimi smottamenti e frane, in Liguria, ne sono la conferma.

Sembra quasi si vogliano nascondere precise responsabilità, ovvero quelle dell’uomo. Si potrebbero fare mille esempi, su tutti uno dei più clamorosi riguarda l’Isola di Ischia. Nel terremoto del 21 agosto 2017, di magnitudo 4.0 (quindi neanche troppo forte rispetto ad altri recenti), con epicentro a Casamicciola Terme, ci sono stati 2 morti e 42 feriti a causa del crollo delle abitazioni. In seguito, si è venuto a scoprire che buona parte di esse erano abusive o erano state condonate nelle diverse occasioni stabilite dai governi nei decenni scorsi. Dopo quel terremoto, sapendo che quella è un’area storicamente sismica, si insiste nel ricostruire in zone impervie, dentro l’area rossa, sul costo della montagna, seppur coinvolgendo tre università (Palermo, Tor Vergata di Roma e la Federico II di Napoli) per realizzare il tutto in sicurezza e in modalità antisismica. Case che rischieranno, quantomeno, di essere danneggiate in caso di altri eventi anche più forti.

Il caso di negligenza più eclatante, che si prolunga nel tempo, è quello della Liguria: con una popolazione in decremento costante, seppur leggero (120mila abitanti in meno negli ultimi 25 anni), il consumo di suolo non ha avuto tregua. La Regione è al primo posto in Italia, con il 47,8% di suolo coperto entro i 300 metri dalla distanza dalla linea di costa; anche nel livello di impermeabilizzazione entro i 150 metri dai corpi idrici (fiumi, laghi, ecc) vanta il primato, con il 24% di superficie coperta. Solo recentemente, a danni purtroppo già fatti, si sta invertendo la tendenza, con i dati del 2017 che la danno come regione con il minor incremento del consumo di suolo (dati Ispra 2017), dopo anni in cui però la crescita si era attestata oltre all’8%. In un posto con quella particolare conformazione morfologica si è agito fin troppo tardi per limitare i danni, ma anhe in Lombardia e Veneto, regioni con consumo di suolo più elevato in percentuale, la situazione è oltre il livello di allarme.

Come se non bastasse, in certi casi sono un ostacolo anche la burocrazia italiana e, non di meno, i lavori fatti male: è il caso di un ponte in Sardegna, a Olbia, che era stato abbattuto da un’alluvione nel 2013, causando la morte di tre persone. Dopo la ricostruzione, in una seconda alluvione del 2015, hanno dovuto provvedere all’abbattimento perché bloccava acqua e rifiuti, formando una specie di diga che faceva allagare le campagne e i paesi circostanti.

Bastano insomma pochi esempi e qualche dato per capire come mai, in Italia, molti paesi siano soggetti sempre più spesso ad alluvioni, che si ripetono anche a breve tempo di distanza. Si parla molto di sblocca cantieri, che potrebbe risolvere qualche problema con nuove infrastrutture. Oltre a intervenire su nuove costruzioni, sul costruito e anche sul recupero dell’esistente, serve però un’intelligente analisi sul territorio in cui si vanno a installare queste opere e sullo stato di salute di esse. Dal disastro della diga del Vajont fino al Ponte Morandi, questo Paese ha ancora molto da imparare.