Elezioni 2020, Puglia. D’Agosto: «Contestiamo l’intera gestione neoliberista di Emiliano»

Intervistiamo oggi l’Avv. Andrea D’Agosto, candidato Presidente della Puglia con il «Fronte Sovranista Italiano – Riconquistare l’Italia», in uno scenario che li vede presentarsi per la prima volta qui e in altre regioni al voto.

Siete nuovi in questa avventura. Cosa l’ha spinta a candidarsi?

In Puglia è la prima volta che il FSI-RI mette il suo simbolo sulla scheda elettorale, quindi sì, siamo «nuovi» nel senso proprio di moderni, attuali, dato che la nostra proposta e visione politica è una novità rispetto al non-pensiero unico neo-liberale.
Quanto alla mia candidatura, che è secondaria rispetto al progetto del FSI-RI, infatti al mio posto poteva esserci un altro o un’altra candidata, a livello personale è stata una necessità.
Scegliere di votarsi alla militanza politica alla bella età di 53 anni, mi sono tesserato nel FSI-RI nel 2017 durante la seconda assemblea nazionale, è stata una scelta molto intima.
Darsi alla politica è come esprimere un voto religioso, ovvero offrirsi ad un legame profondo e duraturo con qualcosa che ti consente di legare la propria interiorità verso l’esterno, verso la comunità.
La mia militanza politica prima e la mia candidatura dopo esprimono l’approdo di un percorso umano e sociale per contribuire al ristabilimento della misura comunitaria, corrotta dalla crematistica imperante, che ha scatenato l’egoismo del ricco e l’invidia del povero.
E l’unico strumento sono lo studio e la pratica politica.
La scelta è necessaria proprio perché ha fatto coincidere l’esigenza personale con il piano della reltà sociale e della sua unità violata.

Ci sono delle decisioni prese dal governatore uscente che il vostro partito contesta più di altre? Per quale tema è necessario, più che in altri ambiti, un cambio di rotta?

Il Dott. Emiliano è il perfetto esempio di uomo politico neo-liberale, ovvero di colui che è sganciato da ogni logica ideologica classica e questo in perfetta aderenza ai canoni imperanti: il politico neo-liberale si deve occupare di gestire una sola cosa, ovvero che il libero scorrimento di merci, servizi, essere umani e capitali non trovi alcun intralcio sul suo cammino. Queste posizioni si oppongono ad ogni logica del lavorismo, iscritto nella Costituzione Repubblicana.
Emiliano è sicuramente una delle «migliori» risorse del PD, il vigile urbano degli interessi economici delle élites regionali, quella che una volta si poteva definire la borghesia compradora o vendidora a seconda delle stagioni e che oggi possiamo definire solo un ceto neo-capitalista crematistico senza alcun valore etico o morale, già molto diversa da quella di una volta che assolveva al compito centrale di critica sociale.
Le decisioni che il FSI-RI contesta ad Emiliano sono tutte le decisioni che ha preso!
E questo dalle questioni arcinote: sanità regionale, Ilva, Xilella, Tap ecc., questo perchè se sei un governatore neo-liberale non puoi avere neanche un punto di incontro con un partito ideologico e costituzionale come il FSI-RI per sua natura costitutiva anti-liberale.
D’altra parte, non mi sembra corretto accusare solo Emiliano; bisogna, invece, per fare una critica politica utile, accusare tutta la classe dirigente pugliese e a partire dalla disastrosa giunta Fitto, che, ricordiamo, è l’artefice del piano di riordino ospedaliero, pedissequamente attuato prima dalla Giunta «rossa» di Vendola e proseguito dalla Giunta «fucsia» di Emiliano, così come Fitto e la sua Giunta sono gli artefici di una legge elettorale regionale, che è una vera porcheria anti-democratica, paragonabile alla Legge Acerbo, dove la soglia di sbarramento è l’8%!
Il cambio di rotta deve essere radicale, votare una delle correnti del Partito Unico neoliberista non cambierebbe un bel nulla se non consentire ai gruppi finanziari contrapposti di godere del potere regionale per un quinquennio.
Quindi, il problema non è Emiliano, ma tutti i candidati neo-liberali.

La sanità è sempre più centrale, soprattutto in questo periodo e, secondo la legislazione attuale, la Regione ha molto potere decisionale. Che cosa ritenete sia da salvare e cosa da cambiare o da migliorare, in quella pugliese?

La gestione della sanità pugliese è disastrosa a partire dal piano di riordino ospedaliero di Fitto e i suoi successori, Vendola ed Emiliano, che proseguendo in perfetta continuità l’hanno quasi definitivamente smantellata.
L’emergenza sanitaria Covid-19 in Puglia non è stato il virus o i contagiati, per fortuna non abbiamo vissuto il dramma della Lombardia, ma proprio il sistema sanitario pugliese, che è andato completamente in tilt, nonostante la pandemia non fosse a livelli emergenziali.
Basti pensare che ad oggi il numero dei casi totali in Puglia è stato di 5.333 a fronte dei casi lombardi pari a 99.705 (dati Ministero della Salute al 29.08.2020).
In questa emergenza, l’affermo per esperienza diretta, il sistema è andato praticamente in tilt per tutto il resto delle patologie, sarebbe utile conoscere anche il numero dei cittadini che è morto per mancata assistenza per altre cause, ma non lo sapremo mai, dato che ormai in Italia si muore solo di Covid.
La causa del problema nasce più distante e coinvolge tutta Italia: la spesa sanitaria è passata dal 6,6% del Pil al 5,5%, mentre in Francia e Germania spendono il 9,5% e il 9,6% del loro Pil.
Il Governo Monti ha imposto lo standard di 3,7 posti letto per ogni mille abitanti, determinando un ulteriore calo di 26.708 unità, con un taglio lineare dei posti letto in terapia intensiva, da 575 posti letto per ogni 100.000 abitanti a 275.
Inoltre, la Ragioneria dello Stato ha calcolato che dal 2009 al 2017 il SSN ha perso 46.000 dipendenti, scendendo da 649.248 a 603.375; in particolare il personale medico è passato da 106.800 unità a 101.100, quello infermieristico da 264.177 a 253.430.
Un altro problema deriva dai Trattati UE: basterebbe ricordare che la Commissione Europea tra il 2011 e il 2018 ha inviato 63 richieste al fine di ottenere il taglio delle spese alle forniture per la spesa sanitaria con la raccomandazione di privatizzare i servizi sanitari dei Paesi aderenti per comprendere molto bene chi è il nemico: la sovrastruttura ordoliberista.
In questo quadro la Puglia nel 2025 avrà una riduzione del suo personale medico pari a circa 16.000 unità.
Vi è poi un effetto che è conseguenza della passività politica delle classi dirigenti meridionali, che a livello regionale non difendono in alcun modo i territori, ovvero gli ulteriori esiti della c.d. autonomia differenziata, che non farà che accuire le differenze tra Regioni «povere» e «ricche».
La proposta di Riconquistare l’Italia può essere una sola nel quadro del primario obiettivo politico di riaffermare i valori e principi della Costituzione, anche in tema di sanità pubblica (art. 32), vale a dire recuperare il tempo e l’assistenza medica pubblica perduta.
La sanità è un bene pubblico e non può essere compressa in alcun modo; noi di Riconquistare l’Italia vogliamo affermarlo con forza anche nella Regione Puglia, contro ogni logica di politica di segno unionista, che anima tutti i Partiti pro UE e pro Euro, PD e cespugli vari, M5S, Lega, FDI e FI.
Infatti, in Puglia le poltiche liberali dell’UE negli ultimi 15 anni, grazie alla connivenza dei «Governatori», hanno scatenato sulla Sanità territoriale una tempesta perfetta: il piano di riordino ospedaliero.
È stato applicato il perfetto paradigma liberale: sopravvivono solo i più forti.
Agli effetti della «tempesta perfetta» hanno resistito solo le strutture ospedaliere più grandi, le altre 30 sono state chiuse o hanno subito un processo di riconversione.
Fitto è il primo ad operare i tagli, Vendola ne chiude 22 ed Emiliano avvia, infine, la dismissione e riconversione di altri 8 (Trani, Triggiano, Terlizzi, Mesagne, San Pietro Vernotico, Grottaglie e Canosa).
Oggi, tra strutture pubbliche e private accreditate esistono solo 35 ospedali, che non coprono in modo omogeneo il fabbisogno territoriale, ad es. i due grandi Ospedali della Provincia di Foggia, i Riuniti e la Casa del Sollievo a San Giovanni Rotondo, creano enormi difficoltà a 31 comuni sui monti Dauni e sulle coste del Gargano, i cui cittadini grazie alla distanza e alla pessima viabilità faticano a raggiungerli e a essere curati in modo adeguato.
Vi è un altro «buco» per la distanza dell’area tra Bari e Foggia, infatti, i pazienti colpiti da gravi traumi o infarti vengono spesso trasferiti con il rischio di uscire dalla golden hour, ovvero l’ora in cui si può salvare la vita al paziente, stesso discorso per la Murgia e per la zona tra Bari e Brindisi, nella tratta Polignano a Mare Valle d’Itria.
Il quadro per la Sanità pubblica si aggrava ulteriormente se consideriamo che secondo la CGIL Medici in Puglia, entro il 2025, avremo 23 Ospedali pubblici e 31 privati.
Questo dimostra che l’obiettivo politico liberale dei tre Governatori, che si sono succeduti negli ultimi 15 anni e di quelli prodotti dagli stessi partiti che potrebbero venire, era ed è chiaro: privatizzare la Sanità pugliese.
Poi ci stupiamo che questa deriva di deprivazione di protezione sociale conduca il Popolo a sposare presunte cause securitarie populiste.
Fermare questa marea montante è il prioritario obiettivo politico della lista Riconquistare l’Italia anche in Puglia.
La nostra opposizione ad ogni ulteriore taglio alle strutture sanitarie e al personale medico ed infermieristico sarà durissima.
Ove mai il popolo pugliese ci dovesse concedere la vittoria elettorale sapremo cosa e come fare per recuperare il tempo perduto, ovvero applicare la Costituzione.

Dopo varie vicissitudini, con passaggi di proprietà e minacce di licenziamenti e di chiusura, la questione dell’Ilva è scomparsa dalle notizie principali a livello nazionale. Pur essendo un problema complesso che riguarda più livelli istituzionali, quanto e cosa si può fare a livello regionale?

L’agenda politica sull’ILVA è chiaramente delicatissima perchè si scontrano tre necessità: 1) la salvaguardia della quota di produzione nazionale di acciaio; 2) la salvaguardia dei posti di lavoro; 3) la distruzione ambientale e della salute dei Tarantini.
D’altra parte, Taranto, i tarantini e i territori della provincia ora meritano una risposta seria, una visione di lungo periodo.
Una risposta per la salute, per l’ambiente e per il lavoro.
Taranto, i tarantini e i territori della provincia sono stati abbandonati nelle fauci del mostro e del mercato.
La politica nazionale e quella regionale negli ultimi 30 anni non hanno voluto e saputo dare una risposta per la salute, per l’ambiente e per il lavoro.
Un problema troppo grande da affrontare da una classe dirigente di nani politici liberisti, un problema troppo grande da affrontare all’interno della produzione mercantilistica di acciaio europea.
Intanto la città muore, i tarantini muoiono, l’ambiente è morto.
Il ricatto è sempre stato al cubo: da una parte si dice come si fa a chiudere un mostro che dà lavoro a 10.000 persone, compreso l’indotto e dall’altra quelle 10.000 persone si domandano se è giusta una chiusura, che li mette in mezzo ad una strada con le loro famiglie.
Pane contro morte, il più abietto ricatto concepibile.
Appunto, un ricatto infame da scaricare sulle spalle dei lavoratori, della città e dell’ambiente.
Il programma di FSI-Riconquistare l’Italia per la regione Puglia prevede per Taranto un intervento in quattro fasi:
1) Impedire che il Governo concluda la riprivatizzazione della fabbrica;
2) La seguente integrale bonifica con il concorso di tutti i lavoratori licenziati che vorranno procedere alle opere o la messa in quiescenza anticipata per coloro che hanno più di venti anni di lavoro;
3) Realizzazione sull’area bonificata della più grande piattaforma pubblica logistica portuale integrata europea tra i porti di Taranto, Crotone e Gioia Tauro per lo smistamento delle merci; questa piattaforma potrebbe essere il ponte di collegamento tra l’Oriente e l’Atlantico, realtà dove lavoreranno tutti gli operai ex Ilva (ricordiamo che il golfo di Taranto rappresenta il punto più vicino via mare tra Oriente e Occidente);
4) Creazione della dorsale ferroviaria verso Nord, attraverso la Basilicata, per il trasporto delle merci in tutta Europa.
Questo consentirebbe di ottenere di risanare l’ambiente, salvare la salute dei tarantini, dare lavoro a tutti i lavoratori ex Ilva, oltre quelli da assumere nella cantieristica e nell’indotto container; ridare una visione e una speranza mediterranea ad una città ed ad un Popolo che la meritano.
Questo contro ogni bassa prospettiva che privilegia il Nord Europa e penalizza la nostra missione e visione politica nel Mediterraneo.
È chiaro, infine, che i tarantini che sono stati colpiti dal danno ambientale andranno risarciti con una forma di vitalizio.

Un altro tema annoso è quello della xylella. La settimana scorsa hanno messo tristezza le immagini degli uliveti dati alle fiamme per eliminare il parassita. Il centrodestra accusa Emiliano di aver fatto poco per impedire l’avanzamento della malattia, il vostro approccio verso il problema cosa prevede?

Una cosa è certa, l’approccio di tipo liberista al problema, vale a dire l’assoluta carenza di controllo pubblico del fenomeno, lasciato alla vigilanza dei privati nel quinquennio trascorso sotto la Giunta Emiliano, ha portato la superficie infetta da 230 mila ettari a 600 mila.
Un vero e proprio disastro ambientale, che ha desertificato il lavoro di generazioni di coltivatori pugliesi.
Per noi sarebbe necessario istituire una task force pubblica di controllo e monitoraggio continuo per intervenire nel modo più tempestivo possibile.
Il problema è sempre lo stesso una visione generale diametralmente all’opposto tra Noi e tutti gli altri.
Il ceto politico neo-liberale è destinato al disastro per la sua stessa intima natura, che è orientata solo alla difesa del meccansimo performativo capitalistico, portato alle sue estreme conseguenze: la crematistica, ovvero i soldi che producono i soldi.
Il resto non conta nulla, conta solo questo.