Eutanasia: prossima tappa Svizzera

Non possiamo sapere cosa abbia spinto Dominique Velati, affetta da tumore al colon, ad andare in Svizzera per porre fine alle sue sofferenze tramite l’eutanasia. Non possiamo saperlo e nemmeno ci deve riguardare. Andiamo oltre: non deve essere un reato accompagnare e sostenere economicamente gli ultimi viaggi all’estero per chi decide di non voler più vivere. Invece Marco Cappato, attivista radicale «reo» di aver aiutato la Velati a morire, potrebbe essere accusato per aver agevolato «in qualsiasi modo» l’esecuzione di un suicidio, contravvenendo così alla legge italiana.

Eluana-Englaro

Se con grande sforzo posso anche ritenere comprensibile l’opposizione all’adozione per le coppie same-sex, mi è impossibile capire le ragioni che possano spingere contro la legalizzazione dell’eutanasia: non permettere a una persona di mettere fine alla propria esistenza significa anteporre la ragion di Stato alla vita dei cittadini. Che alla persona sia stata diagnosticata una malattia degenerativa o che questa persona intenda «semplicemente» suicidarsi, perché non glielo possiamo permettere? Perché dobbiamo condannare moralmente e penalmente chiunque la aiuti a realizzare il suo intento? Abbiamo visto il pandemonio mediatico e politico che ha preceduto la morte di Piergiorgio Welby e di Eluana Englaro, nonché le pesanti ripercussioni welbycontro chi ha aiutato loro e le loro famiglie a smettere di soffrire in uno stillicidio che appare senza fine.
La presenza vaticana certamente non aiuta: il suicidio, in qualunque modo venga perseguito, equivale a rifiutare il dono che Dio ci ha dato. Ma perché, se lo vogliamo noi, non possiamo finire serenamente all’inferno? Perché i politici da canonica vogliono sempre impicciarsi nei fatti altrui, impedendo all’individuo di esercitare la propria libertà sul proprio corpo?
Se lo Stato arriva al punto di controllare la nostra vita, di monitorare come nasciamo, come cresciamo e come crepiamo, si tratta ancora di uno Stato libero e democratico?