Europee 2019. Gribaudo (PD): «Vogliamo sussidio di disoccupazione europeo»

Chiara Gribaudo è un’esponente del Partito Democratico con una lunga esperienza sul territorio piemontese; è stata, infatti, consigliere comunale in provincia di Cuneo per 10 anni e poi ha maturato esperienza in Parlamento, dove è stata vicecapogruppo del PD alla Camera. Vicina alla corrente orfiniana, quindi a quella renziana, ha voluto raccontarci la sua idea di Partito Democratico.

Che risultato si augura dalle elezioni europee? Quale  esito per voi sarebbe una sconfitta e quale una vittoria?

Queste elezioni europee sono diverse dagli appuntamenti del passato, si presentano al voto forze sovraniste che aspirano alla vittoria per distruggere l’Unione Europea. Io sto dalla parte di chi invece vuole proseguire nel percorso di integrazione per costruire un’Europa più democratica e attenta ai più deboli, per cui mi auguro un buon risultato di tutte le forze progressiste, che hanno questa stessa aspirazione. Sarebbe una sconfitta per tutti se il prossimo Presidente della Commissione europea fosse scelto dalle forze sovraniste, magari con l’appoggio dei popolari. Sarebbe invece una vittoria se le forze progressiste, verdi e liberali riuscissero a essere maggioranza a Strasburgo.

Se il PD riuscisse a superare il M5S e la Lega dovesse prendere oltre il 30% è probabile una crisi di governo. Crede che per fermare la destra ci possa essere una possibilità di dialogo fra M5S e PD, visto anche che avete diversi temi in comune, come il salario minimo?

È vero che ci sono temi sui quali PD e Movimento sembrano vicini, ma quelli che noi riteniamo fondanti dei nostri ideali il M5S li utilizza invece come strumento di propaganda. Sono sempre pronti a passare da salario minimo alla flat tax, dai viaggi nel terzo mondo dei loro leader al decreto sicurezza di Matteo Salvini. Mi pare difficile, stanti queste condizioni, costruire un’alleanza di governo con delle banderuole.

Qual è la proposta più importante che il PD porterà in Europa?

Il PD in Europa vuole realizzare un vero e proprio pilastro sociale, perché crediamo che per unire davvero i cittadini europei occorra dimostrare che esiste solidarietà fra i Paesi e i loro cittadini e che le istituzioni europee non lasciano indietro nessuno. In questo senso, realizzare un sussidio di disoccupazione europeo per coloro che perdono il lavoro, trasferendo in capo all’Europa risorse e strumenti per salvaguardare i disoccupati, sarebbe un segnale di coesione davvero importante che avvicinerebbe tutti i cittadini, specie quelli più in difficoltà, alle istituzioni europee. Si tratta di una proposta già avanzata negli ultimi anni dal Ministro Padoan, che potrebbe essere centrale nella costruzione del pilastro sociale europeo.

La proposta di Zanda di equiparare gli stipendi fra parlamentari Italiani e eurodeputati è stata ritirata. Credete sia stato un passo falso di un singolo senatore e che in Europa si possa proporre un abbassamento degli emolumenti? Al parlamento europeo, vogliamo ricordare, fra indennità e stipendio superano anche quelli italiani…

Come ha spiegato lo stesso Senatore Zanda, in realtà la sua proposta tagliava il suo stesso stipendio di circa 600 euro, perché i senatori italiani ricevono 11.134 euro mentre gli eurodeputati ne prendono 10.500, ma non è questo il punto. La proposta Zanda aveva il merito di rendere maggiormente trasparenti le buste paga dei parlamentari e soprattutto il trattamento dei collaboratori, che come sappiamo non tutti i parlamentari italiani assumono regolarmente grazie a regole abbastanza fluide, mentre in Europa la trasparenza anche in questo campo è massima. La proposta di Zanda doveva essere quindi trattata anche dai media con meno superficialità, ma abbiamo imparato l’ennesima lezione per il futuro: su un tema così importante come la trasparenza o giochiamo d’attacco spiegando noi per primi le ragioni delle nostre proposte, o saranno gli altri a dipingerle a loro piacimento.

Vista la timida crescita dell’Italia, il PD potrebbe proporre in UE uno scorporamento dei vincoli di bilancio su temi come, ad esempio, scuola e infrastrutture?

Il PD lo ha già proposto nella scorsa legislatura quando di fronte all’emergenza terrorismo, con i governi europei che premevano per scontare le spese in sicurezza dai vincoli di bilancio, chiese alla Commissione una regola semplice: 1 euro in sicurezza, 1 euro in cultura, cioè che la flessibilità che veniva garantita per rispondere alle minacce terroristiche venisse data per investire nelle scuole, nell’università, nella ricerca. In parte questo è accaduto e il grande piano di edilizia scolastica degli anni precedenti, così come il bonus cultura, lo raccontano. I soldi per le infrastrutture invece c’erano e ci sono ancora, ma questo esecutivo li ha bloccati per finanziare quota100 e reddito di cittadinanza che hanno un impatto sull’occupazione molto ridotto rispetto alla possibilità di aprire i cantieri. La flessibilità si può chiedere per qualsiasi cosa se si dimostra di fare scelte intelligenti e di prospettiva, diversamente da quanto sta facendo questo Governo.

Lei è molto legata al territorio piemontese; il TAV è visto da molti come un’opera importante ma altrettanti credono che costi troppo rispetto a quello che costa alla Francia e rispetto ai fondi messi a disposizione dell’UE, crede che sia possibile a livello europeo spingere per un finanziamento più cospicuo e ripartito più equamente fra Francia e Italia oppure pensate che l’accordo vada bene così com’è?

È notizia di pochi mesi fa che l’Unione Europea è già disponibile ad aumentare il proprio cofinanziamento alla TAV dal 40 al 50% dei costi dell’opera, che per l’Italia significherebbe un miliardo in meno alla fine dei conti, ma naturalmente per fare questo bisogna andare avanti con i bandi e con i cantieri, ma il Governo ha trovato un escamotage burocratico per rimandare ogni decisione a dopo le elezioni europee. Per quanto riguarda la divisione dei costi tra Francia e Italia, bisogna sempre ricordare che non c’è solo il tunnel: la Francia spende più di noi per completare il resto dell’opera che in Italia percorre solo 70 km mentre in Francia ne fa il doppio, 140. Non ci dimentichiamo poi che il cosiddetto corridoio 5, la ferrovia che da Lisbona porterà a Kiev, se anche noi scegliessimo di non farlo passare dall’Italia, dalla Francia ci passerebbe lo stesso, per poi passare dalla Germania più a nord e scavalcarci. Rischiamo di essere tagliati fuori dai traffici di passeggeri e di merci più importanti d’Europa.