Europee 2019. Perosino (FI): «L’Ue non deve assumere nuove competenze»

Mentre il Governo gialloverde dispiega un clima di ripetute tensioni, è tempo di meditazione sulle nuove forme assunte da Forza Italia. Alla vigilia delle nuove elezioni europee, può ritenersi un gruppo euroscettico o europeista? Può ancora esser riconosciuto Silvio Berlusconi come massimo comandante della flotta azzurra? E, poi, quali sono le considerazioni circa l’ultimo anno di amministrazione pentaleghista? Quali gli scopi in materia economica e sociale che Forza Italia intende affidare al nuovo Parlamento Europeo?
L’esponente azzurro Marco Perosino, senatore della Repubblica Italiana, si è offerto di rispondere a tali dilemmi.

Analizziamo il profilo del numero uno di Forza Italia, Silvio Berlusconi, che concorre da capolista in quasi tutte le circoscrizioni nazionali, eccetto nell’Italia centrale, dove tale ruolo, invece, è stato affidato ad Antonio Tajani. Ad oggi qual è il ruolo di Berlusconi all’interno di Forza Italia? Lei crede che si sia evoluto nel corso dell’ultimo lustro?

Ha deciso in tal senso dopo un lungo approfondimento e credo che voglia tornare in Europa. Farà, poi, come potrà in termini di preferenze. Il suo ruolo di padre del partito, però, è valido sia in termini di voti che di ascendente sugli elettori, sia nel potenziale di presenza nei momenti più importanti relativi al Parlamento Europeo. Giudico che abbia fatto bene. Ha scelto la figura di Tajani per dare il segnale che lui è il suo vice.

Lo scorso 30 marzo, in occasione dell’Assemblea Nazionale di Forza Italia, il suo leader ha dichiarato: «Di Maio è un ottimo comunicatore, fa finta di essere sottomesso a Salvini, invece, si prende tutta la sostanza e lascia alla Lega solo le forme e le apparenze». Questa visione corrisponde alla realtà?

Ero presente in tal occasione, ma non ricordo, tuttavia, tale dichiarazione. Del resto era presente del caos e non posso ricordare tutto. I giudizi cambiano in modo veloce ed io non so come giudicare questa manfrina che dura da un anno, dove ogni argomento è buono per litigare, considerando che, comunque, sono due partiti molto diversi e rappresentano un elettorato assolutamente diverso.
È cambiato il mondo dopo il 4 marzo del 2018, ci sono nuove classi anche anagrafiche e prive di esperienze precedenti. Non sono sostanzialmente degli amministratori, ma dal livello più basso (regioni, province, comuni) sono arrivati all’alta politica e giocano questo ruolo in modo diverso, che sembra piaccia agli elettori. Io sono dell’antica scuola: consolidare i risultati, governare e poi lasciar passare un po’ di tempo per vedere i risultati. Oggi è presente nella politica una continua necessità dell’informazione in tempo reale e di annunciare sempre nuove cose. Poi, se si realizzano o meno, non interessa più. Io sono espressione di esperienze che, nel modo di giudicare e di fare politica, si occupano di amministrare e di dare tempo perché si vedano i risultati, di seguire una linea, di avere una visione generale e non soltanto settoriale. Insomma, avere un’idea di insieme e di dove si vuole andare, risanare il bilancio senza, se è possibile, fare del male alle persone in termini di vessazioni e di tasse.

A proposito di realizzazione, l’articolo 3 della Costituzione Italiana individua come compito della Repubblica quello di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che impediscono il pieno sviluppo della persona e l’effettiva partecipazione alla vita democratica. A partire da quali provvedimenti, secondo lei, oggi l’Unione Europea può ingaggiare una dura lotta contro la sperequazione sociale e la conseguente involuzione della vita democratica?

La Costituzione rappresenta l’insieme dei principi sempre attuali, che si è sempre cercato di attuare, per i quali ognuno propone delle ricette a modo suo. Ho una mia posizione personale: io sono euroscettico. Non penso che l’Unione Europea debba assumere ulteriori competenze, che appartengono agli Stati. È giusto che ci siano le frontiere liberalizzate e tutto quel che si vuole, però, credo che ogni Stato debba avere la sua possibilità di organizzarsi. L’Unione Europea può cercare di ottimizzare delle normative soprattutto in campo economico, perché il mondo è globale e le potenze sono di dimensione colossali, come Cina, USA, Russia e, quindi, bisogna competere in questo senso con normative se possibile uguali, ma essere capaci di rimuovere gli ostacoli deve essere, secondo me, compito delle singole nazioni.