I gilet gialli non sono un affare francese, ma europeo

Secondo i sondaggi il movimento dei gilet gialli, che ha messo a ferro e fuoco buona parte della Francia, è sostenuto dalla maggioranza della popolazione: sette francesi su dieci appoggiano o simpatizzano la rivolta. Se questa ribellione non è passata sottobanco è anche perché una grossa fetta dell’opinione pubblica, quella che non partecipa attivamente, è quantomeno simpatizzante.
Il fatto che i gilets jaunes siano sostenuti dai francesi sta a indicare che le politiche di Macron sono andate fuori rotta e, con esse, anche l’Europa.

La rivolta dei gilet gialli non si può definire né di destra né di sinistra, ridurla al bipolarismo significherebbe dare uno sguardo miope su quanto sta accadendo in Francia. Non sono presenti leader e le bandiere di partito non sono ammesse, non è una rivolta nata contro l’immigrazione o per motivi ideologici.
I Gilet Gialli rappresentano quella parte di popolo ferita e tagliata fuori dalla globalizzazione, è l’unione del ceto medio e dei più poveri contro la politica neoliberista messa in atto da Macron.
È ovvio che l’aumento del costo del carburante non è altro che una goccia che ha fatto traboccare il vaso. Dietro alle manifestazioni, spesso violente, c’è molto di più. Ci sono la rabbia, l’indignazione e la frustrazione di quel popolo che non fa parte dell’élite, di quella fetta di persone che la globalizzazione l’ha dovuta solamente subire.

Le politiche del governo Macron e dei governi europei in generale, rivolte sempre più verso i mercati e sempre meno ai bisogni della gente non hanno fatto altro che aumentare il distacco che c’è tra la politica (ormai si potrebbe definire finanza) e la popolazione.
Ne consegue che un cittadino di Lione, di Nizza o delle periferie di Parigi, si senta emarginato, escluso e, ad un certo punto, esasperato dal dover continuamente subire, voglia ribellarsi e le ribellioni sono sempre violente.

La rabbia che ha accompagnato le manifestazioni è evidente, dalle automobili, alle strade fino alle vetrine delle banche. Perchè il popolo, quando è arrabbiato, si ribella così; non ha certo tempo, né modo, di mettersi seduto a un tavolo. Nessuno glielo permette e non vuole intermediari.

Macron, nel tentativo (inutile) di porre fine alle manifestazioni, ha utilizzato la forza. Le immagini della polizia francese che fa inginocchiare studenti e lavoratori sono devastanti e queste scene non hanno fatto altro che aumentare la rabbia nei confronti del governo francese.

Le cause di tutto questo non sono solo da attribuire al governo francese. L’Europa, che ha come priorità il Fiscal Compact, ha le sue importanti responsabilità e quanto sta accadendo in Francia non è che l’ennesimo fallimento. Oltre che la dimostrazione che l’Unione europea c’è, ma è un’unione solo economica che non considera minimamente il sociale.

A fronte di tutto questo il presidente della Repubblica ha parlato alla nazione ed è stato costretto a ritornare sui suoi passi, promettendo riforme immediate che sarà costretto, in qualche modo, ad attuare, se non vuole fare la fine (metaforicamente parlando) di Luigi XVI.