I limiti della satira: parla Mario Natangelo

Mario Natangelo, napoletano classe 1985, è uno dei vignettisti del Fatto Quotidiano e autore del volume Pensavo fosse amore e invece era Matteo Renzi. In questi mesi si è spesso discusso, più o meno intelligentemente, della satira e dei limiti che ha nel nostro paese o che dovrebbe avere. Proviamo a chiarirci un po’ le idee, parlando anche di tante altre cose.

natangelo-su-renzi-telemaco-566252

Qual è l’autore di maggior spessore della satira italiana?
Non saprei dirti, sicuramente Vauro è il più famoso di tutti e lo leggevo tanto quando era al manifesto, come leggevo tanto Marassi sul Mattino, o Vincino. Diciamo che per quello che riguarda la satira italiana preferisco la vecchia scuola, anche se a me piacciono molto le satire straniere come quelle spagnole e francesi, che sono quelle che mi hanno ispirato di più personalmente.

Nelle pagine del Fatto Quotidiano, spesso sono presenti dei reportage a fumetti firmati da te, ovvero quello che viene anche chiamato graphic journalism. È un metodo efficace attraverso il quale riuscire a scuotere le menti dei lettori?
Sicuramente, quello delle graphic novel è un linguaggio che sta vivendo, al momento, l’età dell’oro: è molto più autoriale e i giornali sono sicuramente interessati a questo tipo di linguaggio. Per quello che riguarda il fatto di scuotere le coscienze, io ci credo poco, non faccio questo lavoro con questa idea. Quello che mi piace è il fatto di raccontare qualcosa, e di raccontarla in modo diverso. Quindi se succede qualcosa a Bruxelles, al confine tra l’Ungheria e la Serbia, in MNatangeloGrecia, o ovunque sia, può essere interessante andare lì, vederlo di persona e raccontarlo. Ma questa era una cosa che faceva già Joe Sacco, quello che provo a fare in modo diverso, è che lo faccio su un giornale, possibilmente in modo umoristico, portandoci anche un racconto di vita vissuta, e creando così un mix che piace ai lettori, e soprattutto piace a me.

Qual è il personaggio politico più caricaturabile e perché?
T
olti i vari Berlusconi, per restare invece sul presente, a me piacciono molto Casaleggio e Grillo, che sono molto divertenti dal punto di vista caricaturale, sia fisicamente, che psicologicamente e politicamente. Renzi, invece, è semplicemente un jolly che puoi giocarti perché è uno dei pochi personaggi che noi conosciamo di questo governo. Infatti, a differenza di tutti gli altri governi, noi non conosciamo quasi per niente i nomi dei nostri ministri. Per esempio, in questo momento la Guidi l’abbiamo conosciuta giusto perché c’è stato questo scandalo.

In un editoriale intitolato Beriastaino dell’11 agosto 2015, Marco Travaglio criticò Sergio Staino sostenendo che alcune sue affermazioni e vignette (pubblicate sull’Unità) supportavano una certa parte politica. La satira può essere di parte, oppure deve essere una critica a trecentosessanta gradi del mondo circostante?
Io penso che la satira debba essere libera, perché è unʼopinione che tu esprimi in un certo modo, quindi, per me, può essere anche l’espressione di una certa parte politica: cioè se Staino è a favore di Renzi, per me fa benissimo a fare il suo lavoro come crede sia giusto farlo. Io non lo critico assolutamente se la sua satira, prima a favore di imageBersani, passa a essere a favore di Renzi, semplicemente non è il mio modo di fare. Magari anche Vauro potrebbe essere considerato orientato in una certa parte politica, così come altri. Io preferisco, in genere, quelli che sono più liberi da questo punto di vista, come Vincino o Disegni, poi, se qualcuno preferisce fare questo tipo di satira perché crede che Renzi sia nel giusto, per me va bene. Trovo solamente questo tipo di satira meno efficace.

Esiste un limite per la satira?
No, ho sempre pensato di no. Per me l’unico limite deve stare all’autore e alla sua sensibilità. Se l’autore si sente di poter dire una certa cosa la dice, anche se poi si attirerà le ire e sa che potrebbe essere criticato, anche fortemente. Se io credo in quello che ho fatto lo difendo. Perché poi è anche un dialogo con i lettori, ed è grazie ad esso che magari ti rendi conto che una vignetta poteva essere sbagliata. Ma il limite deve stare proprio alla sensibilità dell’autore.