Meno parlamentari? Come vogliono P2 e finanza internazionale

Il 29 marzo si terrà il referendum confermativo della legge costituzionale, che riduce il numero dei parlamentari da 630 a 400 deputatati e da 315 a 200 senatori elettivi. Questa riforma porterà l’Italia ad essere, ancor più di quanto non lo sia adesso, uno dei paesi con meno parlamentari rispetto alla popolazione d’Europa e al mondo. Ormai, sono vari anni che proposte di questo genere vengono fatte agli elettori da parte di tutte le forze politiche, con la promessa che ciò andrebbe a vantaggio del lavoro parlamentare e dell’approvazione delle leggi nel minor tempo possibile: tutte menzogne che ormai hanno fatto breccia nel cuore di molte persone, purtroppo.

Infatti, seppur vero che molti non hanno onorato la loro posizione di parlamentare, ciò non rappresenta un valido motivo per impedire il corretto funzionamento dalla democrazia; se oggi i partiti e la maggior parte dei nostri rappresentanti sono manovrati dal potere economico, sembra evidente che con meno parlamentari il controllo da parte dell’oligarchia finanziaria sarà molto più semplice.
Anzi, deve essere chiaro che questa riforma è promossa proprio dai padroni della finanza internazionale, i quali hanno bisogno che le loro direttive diventino legge senza che qualche parlamentare si possa fare qualche scrupolo di coscienza. Molti depongono a favore di questa riforma per il fatto che sarebbe più facile limitare le discussioni e giungere più velocemente a una soluzione; ciò, a ben pensare, pare di per sé abbastanza antidemocratico.

C’è una domanda che bisognerebbe ci ponessimo: quali classi sociali beneficeranno maggiormente del taglio dei parlamentari? È chiaro che in Parlamento si uniscono diverse istanze sociali tutte diverse. Un numero di parlamentari inadeguato rispetto alla popolazione rischia di favorire classi sociali che sono in realtà minoranza nel paese. Rischiamo di trovarci una sproporzione di deputati e senatori appartenenti all’alta borghesia, rispetto a parlamentari provenienti dalla classe media e operaia. Ciò significherebbe un esercizio di democrazia da parte delle classi subalterne astratto e ipotetico, il che equivarrebbe, nei fatti, a un mancato esercizio.

Per togliere ogni dubbio sul fatto di quali classi sociali possano beneficiare di questa riforma mi basta citare il Piano di rinascita democratica della loggia massonica Propaganda 2; dubitiamo fortemente che la P2 fosse un’organizzazione di emanazione popolare, la quale prevedeva la riduzione del numero dei deputati a 450 e quella dei senatori a 250. Inoltre vale la pena notare quanto la riforma proposta dai parlamentari di PD, M55 e Forza Italia sia in senso peggiorativo.
La Costituzione italiana del 48’, invece, prevedeva al 1° comma dell’art.56, riguardo al numero dei deputati: «La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto, in ragione di un deputato per ottantamila abitanti o per frazione superiore a quarantamila.», mentre per il Senato si riteneva fosse necessario, almeno per ciascuna regione, un senatore ogni 200 mila abitanti. Se si prestasse attenzione a questo criterio voluto dai nostri costituenti, staremmo oggi a parlare di mancanza di parlamentari non del contrario. Speriamo che si possa riflettere con molta attenzione sulle conseguenze che l’approvazione di questa riforma può portare  e si consiglia di non farsi abbindolare da coloro che prendono ad esempio paesi come gli Stati Uniti, i quali hanno l’etichetta di democrazia, ma che nei fatti hanno dimostrato di non esserlo.