Non è sconfitta del centrodestra, ma tenuta del centrosinistra

Dato per assodato che l’astensione abbia raggiunto livelli preoccupanti, nelle prime analisi post voto in molti hanno dato per sconfitto il centrodestra. Visti i risultati nelle grandi città, infatti, non si può sicuramente affermare che quella di Salvini, Meloni e Berlusconi sia stata una tornata elettorale favorevole. A livello generale, la situazione ai blocchi di partenza non era molto diversa dai risultati post voto, con le cinque maggiori città (Napoli, Roma, Torino, Bologna e Milano) che vedevano alla loro guida i partiti che adesso si riconoscono in una coalizione di sinistra, mentre l’unica regione al voto, la Calabria, era già in mano al centrodestra. Per aver un quadro più chiaro della situazione bisogna quindi entrare più nel dettaglio.

Iniziamo con le città dove Movimento e PD continuano a essere due entità distinte. La coalizione di centrodestra, rispetto a cinque anni fa, ha guadagnato due ballottaggi (Roma e Torino), a danno del Movimento, anche se le speranze di vittoria sono abbastanza ridotte. In particolare si è visto che a Torino, dove gli ultimi sondaggi autorizzati davano Damilano (Cdx) davanti a Lo Russo (Csx), a urne chiuse si è invertita la situazione. A Roma, invece, la composizione dell’elettorato di Calenda potrebbe favorire Gualtieri, attualmente dietro a Michetti solo per pochi punti. Rispetto a cinque anni fa, quindi, qualcosa è cambiato: sommando i voti presi da M5S e PD nel 2016, si raggiungeva quasi il 60% dei votanti, mentre ora superano appena il 46%, anche a causa dell’outsider Calenda che ha rubato voti un po’ a tutto l’arco politico della Capitale. A Torino, invece, i due partiti vedevano un gradimento complessivo di quasi 73%, mentre ora arrivano al 54%, soprattutto a causa del vistoso calo del partito di Giuseppe Conte. Questa differenza è stata in buona parte guadagnata dalla destra che, nonostante le difficoltà, spera di avere qualche chance.

La vera sconfitta della destra è stata probabilmente a Milano, che è peraltro l’unico capoluogo di regione in cui la Lega ha chiuso davanti a Fratelli d’Italia. La débacle leghista ha infatti influenzato il voto della città della Madonnina, con Sala che, nonostante il calo di affluenza, ha ricevuto più voti assoluti rispetto a cinque anni fa, vincendo al primo turno con un ottimo margine rispetto al 50% necessario. Nei comuni più piccoli del nord, invece, il centrodestra rimane protagonista: in Veneto ha vinto in tutti i comuni sopra i 15mila abitanti, in particolare a Cittadella con il 70% e a Conegliano con il ballottaggio tra il candidato di Lega/FdI e quello di Forza Italia. Nel complesso, però, si nota un calo di consensi per la lista leghista, a favore di quella di Fratelli d’Italia.

Procedendo con lo stesso ragionamento anche nelle città dove M5S e PD si sono coalizzati, a Napoli, dove il centrodestra si è disunito e con la lista leghista esclusa dalla competizione elettorale, Manfredi con le sue tredici liste è arrivato a quasi 63%. Qui è più complicato il confronto con le scorse comunali ma, tenendo conto della somma tra centrosinistra, Movimento e le liste di De Magistris, siamo praticamente alla pari. Quest’anno, però, l’unione delle forze già al primo turno, con un unico candidato sindaco, ha consentito di evitare il ballottaggio. A Bologna, invece, si conferma la vittoria del candidato di centrosinistra e, sommando i voti delle diverse forze, arriviamo a un totale maggiore di quello del 2016 (quasi il 62% oggi, il 56% nel 2016). L’apparentamento non sembra aver portato, quindi, grossi cambiamenti, se non un calo dei cinque stelle a favore del PD.

Avendo quindi la situazione un po’ più chiara, non possiamo parlare genericamente di sconfitta del centrodestra, quanto invece di tenuta del centrosinistra (unito in alcuni casi al Movimento). Per le singole liste, invece, il Movimento e la Lega sono quelle che ci hanno rimesso di più, rispettivamente a favore del PD e dell’ormai consolidato primo partito a livello nazionale, che è Fratelli d’Italia.