Perché non possono coesistere democrazia e liberalismo

La democrazia liberale non esiste. Non può esserci democrazia, se non si promuove un’uguaglianza sostanziale, ossia «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese», art. 3 della Cost. secondo comma, non può esserci democrazia. Le condizioni di partenza non sono uguali per tutti (come diceva Lelio Basso) e se qualcuno più povero o ignorante viene ricattato a causa della propria povertà o ignoranza, noi non abbiamo democrazia, ma bensì un’oligarchia di persone che potranno esercitare i loro diritti pienamente soltanto in quanto ricchi, non ignoranti, istruiti e colti. Questi diritti verranno esercitati, violando i diritti della stragrande maggioranza del popolo, che non avranno gli strumenti per essere uguale agli altri. Questo discorso è inconcepibile ai sostenitori dell’ideologia liberale, che di fatto aspirano a una libertà individuale pressoché illimitata, e ciò inevitabilmente non privilegia l’uguaglianza, quindi l’effettiva libertà di tutti, ma quella di pochi, cioè dei proprietari.

È lo Stato, autorità giuridica, «sostanza etica consapevole di sé, la riunione del principio della famiglia e della società civile», come ci ricorda Hegel, che deve dare a tutti(e sottolineo a tutti) la possibilità di esercitare i propri diritti. L’iniziativa economica privata è certamente libera, ma deve essere volta all’utilità sociale; inoltre il merito, che deve essere certamente riconosciuto, è opportuno che venga limitato ogni qualvolta il successo personale leda i diritti fondamentali altrui. Se l’essere umano non ha limiti e gli è concesso di danneggiare un suo simile per mero interesse personale, mors tua vita mea, non si distingue dagli animali, anzi si riduce a livello inferiore. Come spiega bene l’immenso Mauro Scardovelli, giurista e psicoterapeuta, quando il leone uccide la gazzella, non si rompe l’equilibrio della natura, perché è naturale che il leone si nutra della gazzella, non lo fa per cattiveria, se non lo fa muore, mentre non è conforme all’ordine naturale delle cose, che un essere umano provochi sofferenza a un suo simile. L’ordine neoliberale imperante è volto proprio a questo, riprogrammare l’essere umano, come diceva Margaret Thatcher, spogliarlo di ogni sua singola caratteristica originaria, e in particolare della «pietas», l’empatia, qualità che Virgilio, nel suo poema l’Eneide, sceglie di attribuire al protagonista Enea. La «pietas» è l’immedesimazione nell’altro, nel proprio simile, se un’altro essere umano soffre non posso essere felice, ma mi faccio partecipe della sua infelicità, in modo da alleviare il suo dolore. Non è la solitudine, l’isolamento che ci rende felici, è la consapevolezza della solidarietà dei nostri simili a renderci tali; l’essere umano non è un homo oeconomicus, cioè pienamente razionale, che pensa esclusivamente al suo mero interesse individuale.

Per comprendere ciò, basterebbe leggere il dialogo fra «Plotino e Porfirio», Operette morali, di Giacomo Leopardi; dove Plotino cerca di dissuadere l’amico dall’intento di suicidarsi: «Vogli piuttosto aiutarci a sofferir la vita, che cosi, senza altro pensiero di noi, metterci in abbandono. Viviamo, Porfirio mio, e confortiamoci insieme: non ricusiamo di portare quella parte che il destino ci ha stabilita, dei mali della nostra specie. Si bene attendiamo a tenerci compagnia l’un l’altro; e andiamoci incoraggiando, e dando mano e soccorso scambievolmente; per compiere nel miglior modo questa fatica della vita. La quale senza alcun fallo sarà breve. E quando la morte verrà, allora non ci dorremo: e anche in quell’ultimo tempo gli amici e i compagni ci conforteranno: e ci rallegrerà il pensiero che, poi che saremo spenti, essi molte volte ci ricorderanno, e ci ameranno ancora.»

Questo senso di identificazione nell’altro oggi è stato completamente stravolto dall’ordinamento politico, giuridico, economico, morale liberista. La distruzione dello Stato, come sostanza etica consapevole di sé (Hegel), solo mezzo per la piena libertà (piena, non assoluta) degli individui come parte di una società e non persone completamente slegate fra loro, è l’obiettivo del grande capitale, che libero da lacci e lacciuoli, può finalmente espandere il suo potere in modo pressoché assoluto, ossia ab solutus, nel vero senso del termine, sciolto da ogni vincolo, e per questo illimitato e incondizionato. I cittadini vengono ridotti a meri individui volti al soddisfacimento del proprio interesse personale, che non si sentono più parte di una comunità, con cui condividono storia, cultura e usanze; diventano invece, parte di un grande mercato, dove si spostano, insieme alle merci, e ridotti a merce loro stessi, senza alcuna restrizione, ma anche senza nessun diritto, laddove il capitale ha più bisogno.

Si eliminano così l’identità degli individui, i quali cominciano a perdere qualsiasi contatto con la loro cultura nazionale e popolare, cercheranno di costruirsi un’identità globale, cercheranno di sentirsi cittadini del mondo, ma la realtà è che non sono più cittadini, in quanto hanno reciso il loro legame con la propria identità nazionale, saranno solo individui senza storia, né identità, né passato né futuro, e non riusciranno, a costruire le basi di una convivenza pacifica con i loro simili basata sulla solidarietà. Cosa che invece è possibile, soltanto se ad ogni popolo viene concessa la possibilità di costruirsi la propria identità nazionale e nello stesso tempo si danno gli strumenti e le conoscenze affinché ognuno capisca che il vicino che ha un’identità nazionale diversa dalla propria non è un nemico, ma un fratello con cui bisogna cooperare e non competere, per costruire un mondo solidale e composto da paesi amici che si aiutano e sostengono tra loro.