Quando l’ambientalismo è strumentale

Il mondo, probabilmente anche grazie ai risvolti mediatici generati da Greta Thunberg, ha preso lo slancio per la via ambientalista. O meglio, parliamo di buona parte del mondo occidentale: c’è infatti una rappresentanza importante di chi, con toni più o meno elevati, si oppone alle teorie scientifiche che indicano i comportamenti dell’uomo come principale causa dell’innalzamento della temperatura media del Pianeta.
Non a caso è stato convocato un G7 incentrato su questi temi, soprattutto dopo la presa di coscienza collettiva che le foreste, in particolare quella Amazzonica (ma ricordiamo anche i recenti incendi in Siberia), si stanno riducendo in cenere.

L’ondata di indignazione, però, porta avanti alcune convinzioni che meritano più chiarezza, perché in molti si fanno condizionare dalla mediaticità del tema, facendo, si spera involontariamente, il gioco di chi sottostima il problema o di chi lo vuole più deliberatamente occultare.
È il caso di Macron, che sembra aver preso a cuore questa battaglia più degli altri. Il Presidente Francese, infatti, ha minacciato direttamente Bolsonaro, efferato negazionista verso queste teorie ormai provate dalla comunità scientifica internazionale, di non portare avanti l’accordo commerciale tra l’Unione Europea e il Mercosur, che è l’organizzazione degli Stati Sudamericani che gestisce appunto la loro politica commerciale. Quello di Macron è stato un attacco frontale, diretto verso un oppositore politico, agli occhi di tutti sensato: il Presidente Brasiliano ha dato irragionevolmente colpa alla Ong per l’incremento di incendi, sostenendo che comunque non si tratti di un’emergenza fuori dal normale.

Questo, in parte, è vero: sicuramente c’è stato un incremento rispetto al 2018, anno con cui sembra naturale fare un confronto, ma ci sono stati anni, in passato, in cui la quantità di foresta andata in fumo è stata maggiore, come ad esempio nel 2010, quando ci furono 111mila incendi, contro i quasi 100mila di quest’anno. In generale, la media è di 54mila incendi all’anno. L’anno scorso ce ne sono stati appena 41mila, quindi la crescita in percentuale risente anche del buonissimo dato del 2018 (fonte: Istituto Nazionale per la Ricerca Spaziale del Brasile). Insomma, analizzando meglio i dati, si può dire che Macron ha sfruttato il tema che «va di moda» anche per sferrare un attacco politico. Tanto che, parlando della crisi incendi su Twitter, ha usato foto vecchie di anni.

Il Corriere della Sera ci fa sapere che non solo lui, ma anche altri personaggi conosciuti al grande pubblico, sono caduti in questa trappola: Macron ha usato un’immagine del 2003, la stessa usata da Leonardo Di Caprio. Cristiano Ronaldo, invece, ha ricevuto 8,6 milioni di likes postando una foto del 2013. Entrambe, comunque, riprendono incendi avvenuti in Brasile. Molte foto di animali carbonizzati, diventate virali, si riferiscono invece a episodi di anni passati successi un po’ in tutto il mondo.

Questa corsa ad accaparrarsi un posto tra quelli che ne parlano, insomma, sembra veramente più una moda che una convinzione, tanto che gli appena 20 milioni di euro raccolti dai G7 (pochissimi, a grandi linee 100 euro a incendio) per l’emergenza sono stati clamorosamente rifiutati da Bolsonaro. Si svela così anche la tardiva presa di posizione e di coscienza per un problema che già esisteva anni fa. Perlomeno, dopo tutto questa «pubblicità», Bolsonaro ha deciso di prendere più seriamente il problema, inviando 44mila soldati a spegnerli, con aerei militari a seguito. La pressione della popolazione mondiale verso di lui, di Trump e di altri controversi teorici, non dovrà dare tregua nei prossimi anni.