Salario minimo orario e l’opposizione di sinistra

«A lui va il mio in bocca al lupo. Il M5S porterà in Parlamento una misura che introduce ed estende il salario minimo a tutte le categorie di lavoratori. Una battaglia di tutti e sul tema mi auguro di vedere un’ampia convergenza parlamentare». Questo l’auspicio del Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, rivolto al nuovo segretario del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, il quale ha risposto: «I processi politici non si fanno con le furbizie». Sempre in area PD, rincara la dose Marcucci:«È il M5S che se vuole potrà votare il disegno di legge sul salario minimo che nel maggio scorso ha presentato il nostro collega Mauro Laus. Vista la disattenzione del Vicepremier, ne consegnerò subito una copia al capogruppo M5S Patuanelli, affinché possano decidere di approvare il nostro testo».

Davanti a questa situazione politica non si può che rimanere esterrefatti. Si è davanti a un bambino che fa i capricci in quanto ritiene che l’istanza politica sia sua e, per questo motivo, comincia a mettere i bastoni tra le ruote al percorso d’approvazione di un diritto sociale. Ora cerchiamo di mettere ordine.
Troviamo depositate in Parlamento, durante questa legislatura, due proposte di legge sull’istituzione di un salario minimo orario: una è del Movimento 5 Stelle e l’altra è del Partito Democratico. Per il Movimento 5 Stelle, la proposta è a prima firma della Senatrice Nunzia Catalfo (Atto Senato n. 658) mentre la proposta del PD è del Senatore Mauro Laus (Atto Senato n. 310); mi perdonino altri partiti nel caso mi siano sfuggite altre proposte sul tema.

Le due proposte sono già in corso di esame in Commissione Lavoro dal 16 gennaio 2019.  Logica vorrebbe che il dialogo parlamentare produca un testo contenente una mediazione soddisfacente tra tutte le forze politiche interessate all’approvazione di questa misura sociale. Compiuto questo percorso, l’approvazione dovrebbe avvenire con un voto trasversale, che abbracci maggioranza e almeno parte delle opposizioni. Ma qual è la funzione di una maggioranza che parte da sinistra?

Nella fattispecie concreta è quella di spingere la maggioranza di governo a una chiusura mediata il più possibile al rialzo. Per riuscirci, il Partito Democratico deve agire politicamente esercitando una pressione sulla maggioranza a supporto del Movimento 5 Stelle, in modo da equilibrare la tendenza liberista della Lega. Si constatano dubbi su questo, perché se in 7 anni consecutivi di maggioranza il PD non ha approvato questa misura sociale, significa che la sua tendenza liberista risulta essere paradossalmente più pronunciata di quella leghista.
La dinamica parlamentare che dovrebbe portare all’approvazione della misura dovrebbe prendere esempio dalla Prima Repubblica, dove la forza del Partito Comunista spingeva la Democrazia Cristiana fino all’ottenimento di grandi conquiste sul lato dei diritti sociali. Mostrerebbero di avere una funzione d’opposizione di sinistra e non di destra liberista come fatto sulla legge di bilancio. 

Ricordiamo al Partito Democratico che rinfacciarsi la paternità di una misura che vede i presupposti per un’ampia condivisione non è neppure troppo furbo, specie se già nella scorsa legislatura fu sempre il Movimento 5 Stelle, sempre con la Senatrice Nunzia Catalfo a presentare una proposta di legge sul tema in data 29 ottobre 2013, in esame nella Commissione Lavoro già dal 29 settembre 2016 (Atto Senato n. 1148). La trattazione in Commissione Lavoro s’inseriva in quel tortuoso percorso tentato dal Movimento 5 Stelle per approvare l’ormai famoso Reddito di Cittadinanza e vide l’inserimento in discussione anche della proposta della De Petris di SEL sul reddito minimo garantito (Atto Senato n. 1670). Trovate tutto approfondendo il percorso in Commissione della proposta n. 1148.

Siamo positivi: la speranza è l’ultima a morire. Quello che deve interessare è l’approvazione.